Il 20 marzo all’interno della rassegna Puglia in scena al Palladium, Roberto Corradino torna a Roma in data unica.
Le Braci
da un’idea di: Roberto Corradino in collaborazione con: Francesco Paolo Ruggiero regia: Roberto Corradino con: Michele Cipriani, Roberto Corradino drammaturgia e allestimento: Roberto Corradino elementi di scena e costumi: Francesco Paolo Ruggiero luci: Franz Catacchio suono: Dario Tatoli organizzazione: Antonella Dipierro produzione: reggimento carri | teatro con il sostegno di: ResExtensa DanzaTeatroDanza, Spazio Polartis – Ass. Culturale Explorer si ringraziano: Dario Tatoli, Mario Tani20 marzo – Romaeuropa 2013, Palladium, Roma
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L’inizio di Le Braci è già il suo svolgimento, e contemporaneamente si decreta anche la fine: si prende come capro espiatorio il concetto di domanda, dimensione temporale, a detta di Bergson, tra le più ambigue da rappresentare. Questa scrittura così coraggiosa, che vede la collaborazione con Francesco Paolo Ruggiero, si apre infatti con una serie di domande sulla spettacolarizzazione della realtà; decostruendo con verve terroristica e autodistruttiva il loro stesso copione, materiale scritto ma sfondato dall’incursione recitativa sulla scena, i due personaggi, Michele Cipriani e Roberto Corradino, preparano un attentato e prendono in ostaggio il pubblico.
Lo stesso pubblico che si ritrova all’interno di una serrante dialogìa che apre il logos sempre a un interlocutore al di fuori del proscenio, è costretto a subire in piena faccia la luce accecante e inattesa del riflettore.
I due in scena non dialogano tra loro, ma con noi, squadernando un gioco di inganni e sottocodici linguistici coinvolgente e interpellando le relazioni umane, l’amore, l’arte e la logica del pensiero. Strategia che risponde dichiaratamente all’intuizione di Stockhausen, che in occasione degli attentati dell’11 settembre parlò dell’opera d’arte più grande mai esistita.
L’occhio sarcastico dal retrogusto amaro è lo stesso che Corradino decifra in, per e contro la scena; un costrutto senza scenografia, senza pensiero, senza nulla sul palcoscenico. Solo una sedia, un cambio luce, un cambio di musica e tanta provocazione.
La regia di Corradino si rifiuta di aderire alle leggi del teatro, adoperando le stesse con codice drammaturgico acuto e sicuramente sorprendente.
Noi, pubblico-attori, siamo stimolati dalle voci che ci chiedono: Chi siamo? Terroristi? Attori di un gigantesco spettacolo mediatico? Persone normali in un modo anormale?
Reggimento Carri ci lascia nell’oblio del dubbio, massacrandoci con un’unica certezza: la nostra vita, nel suo manifestarsi, si arrende al buio dell’arroganza nel credere che quello che siamo è frutto di un io, mentre siamo solo carcasse di conigli spellati e lasciati su un sedia, abbandonati nel tanto aspirato centro attrattivo.
La presenza degli attori lavora sul sentimento della quotidianità moderna, finalmente senza ammiccare al fallimento al quale siamo costretti ad assistere nella nostra attualità.
Essenziale e sottile. Anti-spettacolare e carmico. Disagiante e riflessivo.