Teatro Sala Uno, RomaPhilopater regia Rimantas Venckus con Andrius Rokas, Algimantas Frankonis, Vytautas Žemaitis, Jurgis Valančauskas, Paulius Ivanauskas, Vytautas Naujokas, Vilius Prudnikovas, Greta Klimkaitè, Eglė Kukcinavičiūtė, Greta Aleksynaitė, Laura Matuizaitė, Evelina Dambinskaitė, Enrika Andzevičiūtė, Greta Burokaitė compagnia Università Teatras Minimum Vilniaus The experiment con Tomáš Pokorný, Dávid Uszák, Pavol Šimun, Barbora Andrešičová, Barbora Drozdová, Juliána Oľhová compagnia Academy of Performing Arts 25 giugno 2016,
Il Teatro Sala Uno di San Giovanni ospita l’XI° edizione del RomaTeatroFestival, organizzato dall’Accademia romana “Sofia Amendolea”, che propone spettacoli nazionali e internazionali di giovani interpreti e spettacoli proposti al pubblico in lingua originale.
Il primo lavoro della quarta giornata di festival è stato presentato dall’università teatrale di Vilnius: Philopater è uno spettacolo dalle tematiche filosofiche espresse in una forma grottesca, a tratti visivamente eccessiva per la stilizzazione dei personaggi in scena. Lo spettatore si trova di fronte ad una messinscena che ricalca le sembianze di un fumetto o di un cartone animato, dove si contrappongono nettamente aspetti dell’agire sulla strada del bene o del male. Due fratelli, principi del regno, alla morte del proprio padre devono prendere una scelta che determinerà il loro proprio futuro e quello del regno che sono chiamati a governare: attorno a loro personaggi dai tratti fiabeschi e bizzarri cercano di condurli sulla via, instillando dubbi su quale sia il modo migliore per prendere il potere a discapito dell’altro. La tecnica vocale degli interpreti è indubbiamente uno degli aspetti più pregevoli dello spettacolo, capace di trasmettere l’atmosfera delle tematiche affrontate in lituano – lingua melliflua e dal suono ammaliante –; degna di nota è anche la cura nella scelta dei costumi, capaci di trascinare il pubblico nel mondo irreale della pièce, impreziositi da bottoni a mo’di spille e medaglie e dal taglio originale che li trasforma quasi in installazioni scenografiche. Il lavoro rimane comunque poco convincente per l’interpretazione eccessivamente caricaturale e per una conduzione registica statica e dal ritmo poco variabile.
Di tutt’altro taglio è The experiment, presentato dall’accademia di arti performative di Bratislava. Quattro corpi sono nello spazio scenico e il pubblico, entrando nella sala, percepisce immediatamente che sono loro l’oggetto dell’esperimento evocato dal titolo della performance. La scena è delimitata da un perimetro bianco fuori dal quale altri due performer osservano e guidano l’azione, intervenendo con stimoli che possano provocare reazioni nei soggetti studiati. La sala è immersa in un’atmosfera palpabilmente tesa, divisa fra gli sguardi attenti del pubblico e i gesti dei quattro performer-attori al centro della scena, che si relazionano nel silenzio con alcuni elementi in modo ossessivo, diffondendo una sensazione di alienazione. Sembra che questi esseri non siano umani, ma degli automi messi nella condizione di sperimentarsi su un oggetto inanimato e freddo, incapace di empatia. A seguito di alcuni input offerti dai due esterni, i quattro soggetti – che sembrano rinchiusi in una teca di vetro – cominciano a conoscere il proprio corpo e in seguito ad entrare in relazione l’un l’altro, arrivando alla condivisione di movimenti capaci di suscitare stati d’animo e di modificarne l’emozione. I quattro entrano in contatto anche verbale, creando una lingua/grammelot forte per intensità e pregna di significato, capace di delineare senza possibilità di fraintendimento la tipologia di azione sulla scena. La qualità di movimento dei quattro performer è magnetica, e man mano che l’esperimento prosegue si rendono chiari gli obiettivi: lo scontro di corpi, la verbalizzazione sono aspetti inevitabili per l’essere umano, che comunica utilizzando tutto ciò che è in suo potere usare per creare la relazione e il conflitto. The experiment è un lavoro interessante, forse scontato per la tematica affrontata.