Six Years Later
coreografia Roy Assaf
con Roy Assaf e Madison Hoke
soundtrack e costumi Roy Assaf
musiche originali Deefly
disegno luci Dani Fishof
The Hill
coreografia di Roy Assaf
con Roy Assaf, Igal Furman, Avshalom Latuch
scelte musicali Roy Assaf
costumi Roy Assaf
musiche originali Shlomi Biton
disegno luci Dani Fishof/ Omer Sheizaf
direttore delle prove Malanie Berson
12 Novembre 2016, Teatro Vascello, Roma
Doppio appuntamento con il coreografo israeliano Roy Assaf al Teatro Vascello, che porta in scena le coreografie Six Years Later e The Hill.
La serata si apre delicatamente con Six Years Later, un duetto malinconico, tenero e struggente, in cui i due danzatori raccontano la loro intima storia d’amore, dal loro primo incontro all’innamoramento. La relazione danza su un soffice tappetto bianco, ma per quanto magico e coinvolgente sia questo sodalizio, non è estraneo a incomprensioni, paure e rabbia. La coreografia, per quanto precisa e pulita, non colpisce, e faticosamente trasmette i sentimenti dei due amanti: gli interpreti sembrano essere troppo concertarti sui loro movimenti e sulla danza in sé, con il risultato di apparire freddi e distaccati. L’emozione che non è stata elargita dagli artisti sembra in qualche modo essere restituita dalle luci, fioche e intime, che creano un’atmosfera onirica, come se quest’incontro fosse un lungo e amaro ricordo, divenuto sogno.
Anche The Hill sembra mancare di trasporto e difficilmente coinvolge emozionando il pubblico: racconta dell’Ammuntion Hill, campo di battaglia della guerra dei sei giorni. Qui Roy Assaf vuole rappresentare l’assurdità della guerra e dell’occupazione. Il lavoro si apre con una fanfara militare, i tre danzatori, ci catapultano in un mondo fatto di militarismi, di legami spezzati, e ridicolo, ma soprattutto fatto di orrore. Questo non appare subito: all’inizio ci sono le marce cadenzate, le bravate tra ragazzi, c’è un mondo che sta esplodendo, ma sembra farlo in un modo divertente, seppur violento. L’orrore inizia ad arrivare piano, presentandosi con dei colpi, attraverso le spinte, i pugni, i calci che gli interpreti si danno tra loro. I movimenti, fin dall’inizio violenti ma rigidi e ben cadenzati diverranno sempre più sconnessi, tremanti, frantumati, fino a essere solo un misto di paura e violenza. Sarà proprio questo sentimento a prevalere sul finale, quando i danzatori, voltandosi verso il pubblico, guarderanno qualcosa di mostruoso e agghiacciante: sui loro volti la guerra apparirà nella sua terribile essenza che non conosce fine. La narratività dello spettacolo è molto potente ed evocativa, ma da un punto di vista drammaturgico, The Hill sembra uno spettacolo altalenante, fatto da momenti pieni, impressionanti e coinvolgenti, ad altri vuoti, tecnici e molto accademici. Nonostante questa sorta di discrepanza, non si può negare la loro bravura e impeccabile preparazione degli interpreti sul palcoscenico.
Sicuramente Roy Assaf è un’artista che ha molto da mostrare e raccontare, e certamente le sue opere – seppur in una fase di maturazione artistica – meritano attenzione, data l’intensità dei temi trattati.