Chi: Ryoji Ikeda
Cosa: minimal abstract-techno
Quando: 21 marzo 2015
Dove: WAREHOUSE Roma
La notte dell’eclissi di sole si chiude con l’esibizione dei fuochi artificiali digitali di Ryoji Ikeda, questa volta nel magazzino alle porte di Roma: il Warehouse della via Salaria.
Inizia la guerra elettronica con un terremoto di elettroni percussivi ultra bassi che scavano il petto facendo piazza pulita di ogni emotività e soffocano persino la normale respirazione. Il ritmo delle scosse di suono, non misurabile sulla scala Richter, elettrizza l’epidermide e genera terrore fisico producendo al tempo stesso l’effetto di una defibrillazione prolungata. Non so come spiegare, ma balla tutto quello che hai dentro: sterno, esofago, intestini, sangue, denti, nervi e lo assecondi esteriormente per ampliare quel piacere cerebrale e renderlo palpabile. Il pubblico è rapito da quest’orgia sintetica. Il giapponese in nero, occhiali, cappello, felpa e pantaloni militari sembra un generale della guerra alla plancia di comando di armi fulmicotoniche che devastano paesaggi musicali di ogni tipo per fare spazio alla sua arte video sonora. Samurai impassibile.
Mi concentro sui disegni video. Linee verticali sottilissime, vaghi elicoidali, mini rettangoli, quadrati, sequenze di quadri, di zeri e poche lettere. Il suono scoppietta, crepita, stride ed effettivamente si assiste ad uno spettacolo di modernissimi fuochi d’artificio in bianco e nero proiettati su schermo bianco anziché sul cielo notturno (incredibile ma l’elemento strettamente naturale è limitato e limitante nel suo manifestarsi solo a colori). DNA di un Terminator che incede arrabbiato e gigantesco. Colonna sonora di un replicante cattivissimo. Acciaio che si scontra con cavi dell’alta tensione incontrando lastre di ferro e martelli pneumatici con punte al titanio che tirano giù montagne di cristalli di plutonio: battaglia di solidi insomma.
Devastante.
Non è facile trovare gente con stile ed è stata una serata rara e preziosa.
Per la ricerca sul dualismo fra «dati del suono» e «suono dei dati» che lo ha impegnato negli ultimi anni ascolta Supercodex (Raster – Noton) e anche Univrs di Alva Noto sempre per Raster – Noton.