Finisterrae di Sergio Caballero, Spagna 2011, 80’ Produzione Advanced Music and Multimedia Art, Eddie Saeta, Sónar Festival, Xacobeo 2010 Cineclub Detour il 16 maggio
La nausea esistenziale può straordinariamente colpire anche chi non è più vivo ormai da tempo. A differenza di uno sventurato poeta o di un disilluso filosofo, un fantasma ha però a disposizione un rimedio piuttosto efficace per far fronte a questa tediosa malattia: cercare un modo per tornare in vita! Questo è il genere di ironia cupa e surreale su cui si basa Finisterrae, film che mischia irrisolti problemi universali e simbolismo esoterico ad oggetti totalmente estranei al contesto e situazioni paradossali, creando così un effetto di straniamento esilarante ed assolutamente originale.
In esso seguiamo le disavventure di due fratelli russi deceduti che, stanchi di girare in terra come spettri con tanto di lenzuolo bianco con i fori per gli occhi, consultano con l’aiuto di un cavallo e un cerchio infuocato l’oracolo Garrel – chiaro rimando al film La cicatrice intérieure degli anni ‘70 – e scoprono di dover affrontare il cammino di Santiago fino alle mistiche spiagge di Finisterre per poter diventare nuovamente esseri viventi. Partono così per un pellegrinaggio che dalla più selvaggia urbanità li condurrà nei seducenti e sacrali paesaggi celtici della Galizia. Qui – tra richiami medievali alla morte e alla purificazione, scene comiche, personaggi e luoghi totalmente ambigui, animali vivi ed impagliati usati magistralmente per la composizione scenografica – si verrà a creare una dimensione totalmente estranea di senso, in cui tutti gli incalzanti interrogativi dello spettatore saranno destinati ad ammansirsi per accettare il fatto che la maggior parte dei messaggi che si producono nel corso del film sono solo intuibili, ma non esplicitabili razionalmente.
Il film è il primo lungometraggio del regista catalano Sergio Caballero, artista poliedrico, co-direttore del Sónar film festival ed autore di numerose opere di video arte negli anni ‘80. Il taglio che viene dato a quest’opera non è propriamente cinematografico, il film si muove, infatti, sempre sul confine della produzione artistica, con un’attenzione quasi ossessiva all’immagine ed al suono. Troviamo in Finisterrae alcuni riferimenti autoreferenziali dell’autore, come l’inserimento di suoi video precedenti o il fatto che i fantasmi si trovino anche nei luoghi in cui si svolge il Sónar. La colonna sonora è un pezzo portante del film e si armonizza alla perfezione con gli intenti del regista, anche se spiccano due brani tra tutti: Ghost Rider dei Suicide e Janitor of Lunacy di Nico. Spettacolare infine la fotografia di Eduard Grau.