Gre/Ola/Ger/Ita 2014, 83′
Distribuzione Teodora Film
Introdotta dai saluti del regista Syllas Tzoumerkas, A Blast è la coraggiosa coproduzione tra Grecia, Olanda, Germania e Italia che apre la competizione della sezione internazionale dei lungometraggi al RIFF 2015. Investire in una produzione indipendente in un paese alle soglie della bancarotta richiede coraggio. A Blast è la navigazione filmica, composta di continui e articolati flashback, di Maria – un’Angeliki Papoulia semplicemente eccezionale per carisma, simpatia e coinvolgimento emotivo con la storia – tra ondate di complicità-antipatia con la sorella, eros-violenza con il marito e presenza-assenza dei genitori.
C’è un mistero che il film ci nasconde continuamente e questo mistero stravolge la vita condotta fino ad allora da Maria. Qualcuno la paga per qualcosa da fare. E l’incarico inizia la sera. Questo qualcosa, che le fa decidere di abbandonare i figli alla sorella e il marito, capitano di lungo corso, alle sue onde, è il futuro, il presente e il passato del film. Questo qualcosa scatena il disgusto che porta Maria a partecipare impotente al progressivo sfaldarsi della propria vita «fortunata», come afferma ad un certo punto. La mancanza improvvisa di denaro è una parte di questo qualcosa. La menzogna che si ritrova a dover affrontare: i debiti accumulati dalla madre nella gestione del negozio gettano la famiglia sul lastrico e costringono Maria ad una serie infinita di pratiche burocratiche condivise con tutto un paese che comincia a fascistizzarsi e a diventare sempre più violento e ostile verso ogni cosa. Tuttavia la violenza esterna, la confusione, l’emergenza, la perdita della sicurezza sono uno specchio della violenza interiore, di quella che sta vivendo la donna protagonista del film. Donna sanguigna che sceglie una vita difficile sposando un uomo che è via per la maggior parte del tempo e che vede solo su skype.
Che succede quando la catastrofe diventa personale e non solo di un paese?
In che modo i rapporti si logorano e in che modo ne sorgono di nuovi?
Come vengono capovolte le istanze fino ad allora sopite?
Sono alcune domande che il film si pone e a cui non risponde giudicando, ma provando ad indagare attraverso le azioni. Il suicidio della madre, il cognato che da pezzo di pane diventa un simpatizzante nazista, il padre che regredisce a presenza muta, vittima della situazione, la sorella, inizialmente succube ma che diventa complice, diventa una sconosciuta sanguisuga e il marito che non c’è mai, perso tra le onde dell’eros con un suo marinaio. Un uso meno ossessivo del flashback avrebbe giovato a capire meglio gli inizi e gli sviluppi del dramma esistenziale (quel qualcosa che ti fa desiderare di cambiare vita e conoscere solamente persone sconosciute) e del mistero che viene fatto intuire (l’altra parte dei quel qualcosa): il denaro ricevuto serve a dare alle fiamme una foresta a fini speculativi, da parte di una grande compagnia che vuole costruire un albergo in una delle tante meravigliose spiagge elleniche. La sceneggiatura risulta troppo evasiva e nonostante il titolo l’esplosione non avviene mai malgrado quella dell’airbag del fuoristrada da lei condotto nella fuga finale. C’è semmai un’esplosione progressiva. O, a seconda di come si guardi il film, regressiva: la cacciata dal paradiso dell’ignoranza genera atti indipendenti, coraggiosi e oltraggiosi. La disillusione della vita può essere molto potente e non sempre si riesce a controllare la propria emotività devastata.
Ottimamente recitato, il film soffre una narrazione registica eccessivamente contorta: un montaggio meno montato avrebbe sicuramente aiutato.