Sacro GRA

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Articolo di: Valeria Beggiato

Il documentario di Gianfranco Rosi, Sacro GRA, ha vinto il Leone d’oro alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. È la prima edizione del festival in cui sono ammessi in concorso anche dei documentari. Sacro GRA nasce da un’idea Nicolò Bassetti che, dopo un’esplorazione a piedi dei dintorni del Grande raccordo anulare di Roma, ha consegnato al regista una mappa di luoghi e persone, affinché ne facesse il materiale del suo «cinema reale».

Sacro GRAdi G. Rosi, Ita 2013, 93′

Fotografia, suono: Gianfranco Rosi

Da un’idea originale di: Nicolò Bassetti

Montaggio: Jacopo Quadri

Montaggio del suono: Stefano Grosso, Riccardo Spagnol, Giuseppe D’amato

Aiuto Regia: Roberto Rinalduzzi

Produttore creativo: Dario Zonta

Produzione: Marco Visalberghi per DOCLAB, Carol Solive per  la FEMME ENDORMIE, RAI CINEMA 

Il GRA, l’anello autostradale che circonda Roma, è un’ enorme struttura di cemento e ferro, pe  percorso ogni giorno da un fiume di macchine in entrata e in uscita dalla città. Intorno ad esso sorge l’estrema periferia della capitale: distese di cemento, anonimi palazzi prefabbricati e scorci di campagna ancora superstite, dove pascolano pecore a pochi metri dalla strada.

Il paesaggio urbano potrebbe essere quello della periferia di una qualsiasi metropoli; la Roma dei monumenti e delle chiese, la città eterna, sembra lontanissima.

A contrastare la mancanza di identità del raccordo sono le persone che vivono tra le sue pieghe nascoste: con le loro vite Gianfranco Rosi racconta il Grande Raccordo Anulare.

Non si assiste a storie, ma a momenti di vita quotidiana scelti tra tantissime ore di riprese, girate dopo che il regista era entrato in stretto rapporto con i protagonisti: un botanico in guerra con i parassiti che infestano le palme di un’oasi al lato della strada, un nobile piemontese decaduto che vive con la figlia in un monolocale, un barelliere di un’autoambulanza, un pescatore di anguille, un principe che affitta la sua casa per eventi e set di fotoromanzi, prostitute ai margini della strada e altre più fugaci comparse.

Gianfranco Rosi li riprende da vicino: osserva le loro occupazioni, ascolta le conversazioni, entra nelle loro case, ma restando in disparte, senza interferire e cogliendoli (apparentemente) nella loro spontaneità.

Personaggi originali, quasi assurdi, tanto da spingere lo spettatore a domandarsi se sia tutto vero, a cercare il confine tra documentario e fiction, ad aspettarsi che succeda qualcosa che interrompa la solitudine e l’alienazione che pervade queste vite.

Invece non accade nulla, bisogna arrendersi e accettare queste esistenze per come sono, abbandonarsi alla successione di immagini e alla regia di Rosi, che accentua i contrasti tramite il montaggio e apre scorci poetici nello squallore della periferia, grazie all’ intensità delle inquadrature e alla qualità della fotografia.

Bisogna evitare di cercare un senso o uno scopo in questo documentario, se non si vuole rimanere delusi: Sacro GRA è una strana narrazione senza trama, priva di un inizio e di una fine, proprio come lo stesso Raccordo ne è privo, essendo un cerchio.

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Redazione

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