Saverio Costanzo | Hungry Hearts

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Hungry-hearts-cover-locandinaHungry Hearts, di Saverio Costanzo 
Produzione: Wildside e Rai Cinema
Distribuzione: 01 Distribution
Al cinema dal 15 gennaio
 

Dopo La solitudine dei numeri primi, Saverio Costanzo torna alla Mostra del Cinema di Venezia, dove conquista la Coppa Volpi per la migliore interpretazione sia maschile che femminile e il Premio Pasinetti per la miglior regia e miglior attrice protagonista. Come La solitudine dei numeri primi, anche Hungry Hearts è un film tratto da un romanzo, Il bambino indaco, di Marco Franzoso.

La storia, ambientata a New York, si apre con un bizzarro e divertente incontro fra l’americano Jude (Adam Driver) e l’italiana Mina (Alba Rohrwacher), chiusi nel bagno di un ristorante cinese. Fra i due inizia una storia d’amore; presto si sposano e lei rimane incinta. Fin dai primi mesi della gravidanza, Mina perde l’appetito e interpreta le nausee come un messaggio del suo corpo, che le chiede di essere purificato. Con la nascita del bambino la situazione comincia a precipitare; Mina è fermamente decisa ad alimentarlo con una rigida dieta vegana, si rifiuta di portarlo dal pediatra e non lo lascia uscire di casa. Il suo istinto materno di protezione si trasforma in qualcosa di distruttivo, e Jude, che inizialmente prova ad assecondarla, è costretto a prendere la situazione in mano per la salvezza di suo figlio.

Hungry Hearts è un film che tocca diversi temi: alcuni palesi, come quello dell’amore, della gravidanza e del veganesimo portato agli estremi; altri sviluppati in maniera meno evidente, ma vero e proprio motore degli eventi, ovvero la contaminazione dell’ambiente e del cibo, l’aggressività delle grandi città e soprattutto la cecità dell’ideologia,nel caso di Mina l’ideologia della purezza.

Tanti anche i generi e gli stili in questo film, che parte come una commedia per poi diventare dramma e infine thriller/horror. Una scelta, questa di Saverio Costanzo, che risulta interessante, ma anche molto rischiosa. Le scelte stilistiche, infatti – la più evidente fra tutte è l’uso del grandangolo, che distorce l’immagine e modifica la percezione della realtà – e musicali che il regista prende nella seconda metà del film, determinano una virata quasi brusca verso il thriller che poco si addice alla piega drammatica assunta dagli eventi della storia.

Nulla da dire, invece, sull’interpretazione dei due attori protagonisti, che meritano assolutamente i premi ricevuti e rappresentano il punto di forza del film, mantenendo costantemente alta la qualità della recitazione nonostante i cambiamenti di tono da parte della regia.

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Autore

Marta Palamidessi

Laureata in Letteratura Musica e Spettacolo. Studentessa di Editoria e Scrittura.

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