Articolo di: Lucrezia Ercolani
Foto di: Sara Caroselli
Il 21 Marzo 2013 alla Libreria Assaggi, in zona San Lorenzo, si è svolto il terzo incontro del progetto W.I.P., nato dalla collaborazione di Teatri di Vetro con la redazione di Pensieri di Cartapesta. Il tema affrontato questa volta è Scrivere in scena. Su questo terreno comune sono emersi punti di vista ed esperienze anche molto differenti.
Artisti: Francesca Macrì, Andrea Trapani, Andrea Cosentino, Andrea Baracco
Teorici: Paola Quarenghi, Dario Cecchi, Laura Novelli
Moderatore: Marco Di Nardo
@ Libreria Assaggi, Via degli Etruschi 4, Roma
Mercoledì 20 Marzo 2013
Una delle prime affermazioni di Francesca Macrì, della compagnia Biancofango, è stata: «Mai come ora il teatro d’attore è stato così diverso». E’ proprio questo ciò che emerge dai numerosi interventi: per Francesca Macrì ed Andrea Trapani -i Biancofango- il teatro è una necessità del pensiero che si deve sprigionare nella fisicità dell’attore; per Andrea Cosentino, autore regista e attore dei suoi spettacoli, il problema dell’attore non si pone, ma si tratta di condividere la drammaturgia con il pubblico; per Andrea Baracco, regista, si parte da una curiosità intellettuale per lasciarsi poi spiazzare dall’intervento degli attori. Hanno contribuito alla discussione anche Paola Quarenghi, Professore associato di Discipline dello spettacolo, Dario Cecchi, Ricercatore in Estetica e Laura Novelli, critico.
Dopo l’introduzione di Marco Di Nardo di Teatri di Vetro, focalizzata sullo scarto tra l’idea del regista e la traduzione dell’idea in un testo, e quello tra il testo stesso e l’interpretazione dell’attore, si passano in rassegna modi diversi di rapportarsi allo scritto nell’ambito della rappresentazione teatrale.
Per i Biancofango, ci sono tre macrotemi che si intrecciano in ogni loro lavoro: la riproduzione della realtà, la trasfigurazione di essa, e la riproduzione dell’immaginario. Grande fonte di ispirazione è poi la letteratura e la pittura: ad esempio, per la posizione iniziale dell’attrice Aida nel loro ultimo lavoro Porco Mondo, viene preso come spunto un quadro di Hopper. Il linguaggio teatrale dei Biancofango ritorna sempre al corpo dell’attore e alla sua fisicità narrativa, spingendola anche all’estremo, affinché racconti senza raccontare. Si tratta di una costruzione di dati fisici che devono alla fine tradursi in un’emozione, sviluppando spesso una lotta tra l’aspetto visivo e quello discorsivo.
Andrea Cosentino, invece, durante i suoi spettacoli manovra degli oggetti: non è mai lui ad essere in scena. Essendo contemporaneamente autore ed attore, viene meno la possibilità di tradire il testo. Vuole giocare con le energie e le aspettative del pubblico, smontare i meccanismi di rappresentazione e rompere le emozioni. Provocatoriamente, vuole tornare ad un teatro basico, amatoriale, d’evasione.
Se i Biancofango partono da un vuoto, Andrea Baracco parte piuttosto da un monolite: un testo (spesso classico). Dopo averlo studiato, si tratta di entrarci in lotta e di destrutturarlo. Regista e attori devono mettere in movimento il testo, cogliendone l’energia e la contemporaneità: ogni persona che vi lavora lo manomette, lo sposta un po’.
A margine del dibattito, una riflessione sul teatro: la realtà delle compagnie ottocentesche è finita, bisogna ricollocare i ruoli di regista e attore, ripensare gli spazi e le forme di finanziamento. Per Paola Quarenghi, nella società attuale il teatro è qualcosa di residuale e la figura dell’attore viene misconosciuta, poiché è impossibile tradurla e fissarla in documenti scritti.
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