Concept Dewey Dell /Agata, Demetrio, Teodora Castellucci assistenza alla regia Kuro Tanino disegno dei costumi Yuichi Yokoyama con Agata Castellucci, Teodora Castellucci, Eugenio Resta, Enrico Ticconi, Sara Angelini,Vito Matera coreografie Teodora Castellucci musiche originali Black Fanfare, Demetro Castellucci luci e scena Eugenio Resta voci Minako Matsuishi, Kuro Tanino realizzazione dei costumi Fly-Inflate, Giovanna Amoroso, Istvan Zimmermann/Plastikart, Atelier Pietro Longhi realizzazione della scena Fly-Inflate, Vito Matera Short Teatre 9 4 settembre 2014, La Pelanda
Continua, con la sua nona edizione, l’avventura di Short Theatre nella sempre stimolante location della Pelanda di Testaccio.
La prima serata di Festival si presenta al suo numeroso pubblico con, tra gli altri, Marzo dei Dewey Dell. Un lavoro che avrebbe dovuto mostrarci la vita di alcune persone in un lontano e sconosciuto pianeta dopo l’impatto con un meteorite avvenuto millenni prima. Sulla scena si sarebbe dovuto vivere il dramma dei corpi che, solitari, scontano l’antica offesa subita dal loro pianeta.
Ciò che si presenta agli spettatori , supportato da musica elettronica, luci intermittenti e sovratitoli, è invece un lavoro freddo in cui nessun interprete mostra mai il proprio volto, il proprio sguardo. Si percepisce la desolazione, la solitudine e una lotta, sia interiore che esteriore, portata in scena dai molti interpreti vestiti di meravigliosi e tecnologici abiti che, spesso e volentieri, arrivano a dare al lavoro una dinamica che l’esecutore vestito in modo più tradizionale non sarebbe riuscito a raggiungere.
L’impressione che si ha è quella del caos, sia spaziale che tecnico, che porta lo spettatore a non cogliere i messaggi che legge nel libretto di sala. Il movimento non è approfondito e curato, contribuendo così all’incomprensione del lavoro che non trova una dinamica energetica durante tutti i cinquanta minuti.
Marzo porta in scena una drammaturgia intrigante, uno spazio scenico particolare e una concezione dell’interprete non facile da digerire vista la scelta di non mostrare mai l’essere umano che si cela dietro i costumi. E’ un lavoro dal grosso potenziale, ma, partendo dal presupposto che uno spettacolo è composto anche di scene, musica e drammaturgia, e che essa, in questo caso, tendeva ad una spersonalizzazione dell’essere umano in un ambiente post atomico, ci si chiede quale sia, in questo specifico connubio, il peso di sensibilità, percezione ed emozione rispetto all’apparato di cui si è rivestito il lavoro dei Dewey Dell e quanto fosse adatto il modo in cui l’interprete ci si è immerso.