di Roberto Scarpetti
regia César Brie
con Andrea Bettaglio, Catia Caramia, Massimiliano Donato, Marco Rizzo, Umberto Terruso
assistente alla regia Elisabetta Carosio
musiche originali Pablo Brie
scene e costumi Giancarlo Gentilucci
assistente scene e costumi Daniela Vespa
residenza Arti e Spettacolo
produzione Teatro di Roma – Teatro Nazionale e Campo Teatrale
con il sostegno di Roma Capitale, nell’ambito delle manifestazioni realizzate in occasione del Giubileo della Misericordia
in collaborazione con Short Theatre 11
11 settembre 2016, Teatro India, Roma
Un grande tappeto persiano, delimitato da strisce di luce che creano un perimetro percorribile. Su questo tanti oggetti di vita quotidiana che aspettano solo di vivere sulla scena, illuminati e come congelati in un istante del tempo. Prima della bomba – in prima nazionale, ospite all’undicesima edizione di Short Theatre – è uno spettacolo diretto da César Brie scritto da Roberto Scarpetti che racconta lo scandire del tempo e come questo possa racchiudere in sé i cambiamenti dell’essere umano, influenzati da quegli eventi che segnano un’indelebile linea di confine fra il passato e il presente.
Il pubblico, osservando dai gradoni della sala B del Teatro India, diventa testimone della vita di un giovane italiano – Davide, Umberto Terruso – che si converte all’islamismo per godere di un senso di appartenenza, un coinvolgimento in valori da condividere che la società attuale in occidente non sembra offrire: questo cambiamento, nato dal bisogno di superare una crisi personale, muterà progressivamente e porterà il protagonista ad abbracciare anche i lati più integrali della culto islamico.
La drammaturgia di Scarpetti è scandita da vari flashback, nei quali prendono vita le persone che gravitano attorno al protagonista – soggetti interpretati da Andrea Bettaglio, Catia Caramia, Massimiliano Donato e Marco Rizzo. L’elegante regia di Brie rende queste figure impalpabili come dei ricordi intangibili: lentamente i contorni di questi personaggi sembrano svanire, mentre quelli di Davide Prendono più spessore e consapevolezza. I cinque attori usano i loro corpi per raccontarsi e diretti con estrema precisione dalla mano del regista si muovono come danzando, creando impercettibili atmosfere, vivendo su loro stessi le decisioni e i bisogni. Guidando i compagni nelle azioni, creano spesso una recitazione corale che circonda il protagonista: si trasfigurano in spettri che determinano fortemente la vicenda e che mostrano nero su bianco la solitudine del giovane, il suo brancolare nel buio di una confusione esistenziale capace di portare alle conseguenze più estreme. Gli oggetti sulla scena si caricano di un forte senso simbolico per come vengono usati, e così il Corano diventa una connessione o una porta attraverso la quale parlarsi, un ostacolo che si mette fra due persone che fino a quel momento sono state intime e amiche, un muro che può proteggere ed escludere. Nulla è lasciato al caso e il tocco del regista si fonde organicamente con il testo di Scarpetti, creando un lavoro di forte impatto visivo. E’ sorprendente come lo spettacolo non voglia dettare una morale o schierarsi, ma come riesca invece a dialogare intimamente con lo spettatore, entrando sottopelle e regalando sensazioni ed emozioni coinvolgenti.