testo e regia Sofia Bolognini con Riccardo Averaimo, Sofia Bolognini, Aurora di Gioia, Mauro de Maio, Gabriele Olivi, Gianluca Paolisso, Nicole Petruzza, Andrea Zatti compositore e live sound manager Dario Costa produzione Istituto Teatrale Europeo 27 gennaio 2016, Abarico Teatro, Roma
Sull’onda del dibattito degli ultimi giorni intorno alla questione delle unioni civili gay, presso il Teatro Abarico la giovane compagnia bologninicosta mette in scena un lavoro che, in modo violento ed ostinato, evidenzia i diritti degli omosessuali.
In un turbinio di azioni vigorose, che annullano la loro veridicità nella ripetizione ossessiva, all’interno di un’atmosfera fragorosa e disturbante dettata dalla musica pulsante composta da Dario Costa e dalle voci monologanti degli attori, un ammasso di corpi indefiniti si scambia i ruoli sessuali dettati dal genere e ne esasperandone i tratti rendendoli volgarmente vuoti e sterili. Questo è il coro che presenta l’ambientazione, la difficoltà e il terreno di ostilità fra i quali sboccia un amore contrastato e difficile, che vede protagonisti due giovani dello stesso sesso. Il loro avvicinarsi, la tensione che attira i loro sguardi è energia palpabile e pura, quella capace di annichilire la vuotezza, di mettere in crisi la moralità del benpensante e di stravolgere la consuetudine. Ma la consuetudine stravolta e messa in crisi non è il rapporto amoroso fra uomo e donna, bensì l’assenza dell’amore stesso: in una società in cui è la capacità di amare e di essere amati a mancare, nella quale l’apparenza è più importante della sostanza, un rapporto vero – come quello che spontaneamente nasce fra Romeo e Giulio – è il nemico da osteggiare e sconfiggere. La possibilità di amare, e quindi quella di riscoprirsi umani è un pericoloso virus da debellare, capace di intaccare gli ingranaggi di una macchina sociale costruita in anni di indifferenza emotiva. Questo traspare dal testo e dalla regia di Sofia Bolognini unita al frastuono delle musiche che trapanano i cervelli e le coscienze di chi agisce.
La tragedia sta nel ritrovarsi in questo meccanismo e nel desiderare altro. E se nel passato era la rivalità fra due famiglie potenti, nella contemporaneità è un comportamento legittimo dettato da una morale – quasi mai civile – ad additare come colpevole chi non segue la retta via. I due protagonisti che si trovano a contrastare l’atmosfera ostile sono reali e concreti nella loro verità emotiva e interpretati con bravura dai due attori Mauro de Maio ed Andrea Zatti, l’uno nella parte di un prorompente, combattivo Romeo, fragile fra le braccia di Giulio, tinto di malinconia, dolcezza e forza. La loro storia segue un filo cronologico scandito che ricalca quello del celebre testo shakespeariano, mentre attorno imperversa il coro che, non avendo un solo ruolo e assumendo dinamicamente più facce, grottesche e inquietanti, creando cornici sempre diverse, non segue un filo logico preciso. Forse questo brusco stacco fra ogni scena può essere interpretato come un errore drammaturgico, esso è tuttavia un modo che strania ulteriormente lo spettatore, dipingendogli anche il senso discontinuo delle vicende in cui siamo costantemente immersi, che non hanno quasi mai uno sviluppo organico.
La tematica dello spettacolo non sembra toccare sensibilmente solo il tema dei diritti degli omosessuali, ma di tutti gli esseri che, sentendo il bisogno di unirsi e di vedere questa necessità come riconosciuta legalmente ma anche moralmente, decidono di essere umani. Si sognano mondi da considerare idilliaci, in cui è possibile costruire qualcosa che già ci apparterrebbe, aprendo gli occhi tuttavia sembra impossibile afferrare quello che possediamo: forse è al confine fra sogno e realtà che si può scorgere l’intenso abbraccio di due anime che si appartengono.