Carafollia è prima di tutto una commedia. Il racconto parte dalla folle idea di un giovane regista alla sua prima esperienza, che vuole mettere in scena una rilettura del Caligola di Camus. Dal primo istante lo spettacolo ci rivela una chiara intenzionalità: quella di voler puntare i riflettori sui retroscena del teatro, dalle audizioni per la scelta degli attori alle prove vere e proprie. Appellandosi dunque al meta-teatro, il regista Claudio Carafoli allestisce una trasposizione del suo stesso lavoro, con una sana dose di autoironia e giocando a non prendersi troppo sul serio.
Il giovane maestro, interpretato da Tiziano Floreani, ha a disposizione un’assistente, una grande quantità di idee fantasiose ma poco efficaci, e le dubbie abilità delle quattro attrici che lo accompagneranno nella pièce. Lo spettacolo scorre costantemente su due livelli: da un lato, l’insoddisfacente quotidianità delle prove, fatta di scarso talento da parte delle attrici e di arroganza da parte del regista, che non sa cosa vuole né tantomeno come ottenerlo; dall’altro, una dimensione onirica in cui le quattro interpreti riescono a creare esattamente ciò che risiede nella mente del direttore di scena, denotando impeccabili doti istrioniche, di danzatrici e cantanti.
Ognuna delle quattro ragazze possiede una caratterizzazione particolare, suscettibile di ulteriore approfondimento da parte dell’autore: Gioia è incredibilmente ingenua, Nora è provocante e seducente, Felpha sembra aver divorato un’enciclopedia e Nerda pare essere la più timida e impacciata. Le quattro si confrontano, litigano, si scontrano, eppure nei momenti onirici riescono a raggiungere una perfetta coordinazione, regalando al pubblico scene divertenti ed esilaranti. E alle varie interpretazioni del Caligola che le attrici compongono, si alternano i monologhi deliranti dell’inesperto regista.
Ancora una volta Carafoli ha saputo confezionare uno spettacolo di intrattenimento intelligente, alla base del quale pone il sentiero più volte battuto della commistione tra generi diversi: dal varietà al dramma, dall’operetta alle erudite citazioni. Come già dimostrato in passato, il regista si dimostra abilissimo nell’orchestrare scene corali, ideando partiture verbali e coreografiche di grande riuscita e ottenendo il totale consenso da parte del pubblico. Decisamente convincenti le giovani interpreti: Eleonora Gnazi, Valentina Traini, Cristel Checca e Domiziana Loiacono.