L’indissolubile rapporto tra narrazione cinematografica e le “strane storie” dell’Italia repubblicana.
Il nove dicembre, all’interno del seminario intitolato Testimonianza e storia nel cinema afferente al dipartimento di Filosofia della Sapienza, si è svolta la presentazione del libro Strane storie. Il cinema e i misteri d’Italia, edito da Rubbettino. Alla discussione erano presenti, oltre al curatore C. Uva, E. Carocci, A. Minuz e I. Perniola, tutti autori di saggi presenti all’interno del libro.
Il titolo ripropone quello di un film di S. Baldoni del 1994, Strane Storie.
Sulla locandina del film troviamo il cadavere di uno squalo conficcato, in maniera perfettamente perpendicolare, nella carcassa del treno Italicus vittima di un attentato il 4 agosto 1974 presso località San Benedetto Val di Sambro. E’ questa una delle tante Strane storie dell’Italia repubblicana… Segreti per gli storici, Misteri per gli autori, i quali assumono come punto di partenza la strage di Portella della Ginestra (1 maggio 1947) e le sue prime rappresentazioni filmiche, per poi inserirsi ognuno in contesti cinematografici differenti e, allo stesso tempo, riconducibili alla stringente tematica sottostante.
I vari saggi tentano di analizzare il rapporto esistente tra realtà e finzione filmica; in gioco è, infatti, la comprensione di come la rappresentazione cinematografica abbia testualizzato narrativamente, attraverso il suo farsi immagine, l’evento reale e, più precisamente, il tema del mistero nell’Italia repubblicana. Lungo l’arco degli anni, svariati registi si sono impegnati nella ridescrizione e nella ricostruzione di alcuni specifici fatti reali utilizzando registri che vanno dal poliziottesco al conspiracy thriller, passando attraverso il cinema impegnato e la commedia.
Ciò che ci si presenta davanti è così un amplissimo spettro d’indagine in cui l’elaborazione cinematografica si fa carico di mostrare stragi e misteri ancora irrisolti. Come afferma il curatore C. Uva, è lampante l’irruzione del crudo e del drammatico nell’esperienza cinematografica come, ad esempio, possiamo notare nella scena finale di Un sacco bello (1981), debutto alla regia di C. Verdone. L’esplosione finale che coinvolge uditivamente tutti i protagonisti fa, infatti, chiaro riferimento all’attentato dinamitardo avvenuto al Campidoglio nella primavera del 1979.
A. Minuz compie, invece, uno studio analitico su Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto di E. Petri (1970) per evidenziare come, all’epoca della sua uscita, il film fosse stato indicato come un thriller integrato da alcune componenti erotiche. A quel tempo, infatti, non veniva, in alcun modo, attribuito al film quell’elemento politico che oggi, a distanza di anni, gli conferiamo. Petri mette così in scena un determinato cinema di genere e, allo stesso istante, ci consente di osservare un racconto che s’istituisce all’interno del buco della cronaca – strage di Piazza Fontana, morte violenta di G. Pinelli, arresto di P. Valpreda – per farlo letteralmente implodere.
Con I. Perniola ci muoviamo all’interno della cinematografia documentaria italiana per notare come ci sia una continua ripetizione della discrasia esistente tra documento e finzione; era il cinema, infatti, già negli anni 60 – mentre il documentario lavorava sull’ambito del perturbante – a occuparsi della storia e della sua elaborazione testuale. Negli ultimi anni, inoltre, è da notare un ulteriore spostamento di asse: dal documentario figlio delle manifestazioni di propaganda, ingenuo e provinciale materiale politico, si è passati a una tipologia documentaristica che fa del piano emozionale e nostalgico i suoi cardini imprescindibili.
E. Carocci, nel suo intervento, espone come, attraverso i fatti del G8 di Genova (2001), sia avvenuta una svolta epocale con le prime messe in onda di immagini a bassa definizione. Con l’evento di Genova scopriamo come le maggiori emittenti televisive nazionali non siano riuscite a coprire, in maniera adeguata, gli atti drammatici di quei giorni. Attraverso le immagini amatoriali e di cineasti indipendenti perlustriamo un mondo fatto di molteplici testimonianze le quali possono essere rielaborate creativamente, sia in maniera faziosa che oggettiva che poetica, grazie all’operazione di montaggio.
L’arte rappresentativa cinematografica mostra, nella sua capacità immaginifica, un’intrinseca potenzialità di sviluppare e concretizzare, in maniera pertinente, un’indagine narrativa/concettuale di cui Strane Storie è lucida, consapevole e analitica testimonianza. Il cinema, nel suo farsi racconto degli accadimenti storico-sociali, si esprime efficacemente come storia della Storia. Immergersi nella rappresentazione cinematografica significa così rifigurare, in maniera assolutamente originaria, la nostra conoscenza della storia.
STRANE STORIE. IL CINEMA E I MISTERI D’ITALIA
a cura di C. Uva,
editore Rubbettino, Soveria Mannelli, 2011
foto resti del DC-9 Itavia I-TIGI, Museo per la memoria di Ustica, Via Saliceto 5, ex Magazzini Atc, Bologna,