Intervistiamo Michela Lucenti, fondatrice e direttrice artistica del progetto Balletto Civile, in scena nell’ambito di Teatri di vetro 9 con lo spettacolo How long is now#Roma. Balletto Civile | How long is Now Domenica 8 novembre, h 20.30, Teatro Vascello Teatri di vetro Festival 1-15 Novembre 2015
Ludovica Marinucci – Come e perché nasce Balletto Civile?
Michela Lucenti – Balletto Civile nasce come progetto artistico nel 2003 dall’esigenza di approfondire una ricerca sul corpo, che già avevo iniziato ne L’Impasto, in una forma scenica che non prevede solo il linguaggio della danza, da cui comunque parto, ma che tenga conto di una profonda relazione tra gli interpreti in un senso molto “teatrale”
LM – Chi sono i componenti e quali i requisiti indispensabili per farne parte?
ML – I componenti attuali sono ancora i fondatori ai quali si sono aggiunti nel corso degli anni diversi compagni di percorso. Forse il requisito più importante è un’attitudine fisica spiccata, una necessità di partire dal corpo per attivare la propria sfera artistica. A questo va aggiunta una capacità e volontà di vita di compagnia molto tenace!
LM – In cosa consiste il vostro metodo?
ML – Come dicevo sopra il punto di partenza è la relazione. Il fatto di aver frequentato la Scuola dello Stabile di Genova mi porta a non prescindere mai dallo sguardo e dall’ascolto che chiedo sempre ai miei danzatori. Poi dal punto di vista della creazione prediligo l’approccio fisico, lavorando su sequenze che inizialmente impara tutta la compagnia e man mano che si sviluppa la script dello spettacolo vengono assegnate in via definitiva solo ad alcuni. Cerchiamo di lavorare praticamente, per poi far affiorare un mistero, lavoriamo a delle scene “naturalistiche” e poi spostiamo l’inquadratura.
LM – In quale direzione ti stai muovendo per la creazione dei tuoi ultimi spettacoli, in particolare How Long is Now che presenti nell’ambito di Teatri di Vetro 9?
ML – Nel caso di How long is now l’aggiunta degli anziani ci permette di volta in volta di trovare nuove sfumature interpretative, poiché il Bolero che danziamo con loro, riscritto e suonato dal vivo da Julia Kent, è una struttura coreografica che lascia spazio alla relazione che si viene a creare con il proprio anziano, il teatro e’ per sua essenza un atto vivo e mai uguale a se stesso, a noi piace rischiare un po’ di più, lasciandoci sorprendere dall’incontro vero sulla scena, con persone che ci spostano con la loro naïveté di sguardo
LM – La campagna di promozione tramite social network di Teatri di Vetro 9 si è basata ironicamente sull’assenza all’interno del Festival di personaggi come star o intellettuali/artisti, magari già morti. È questo un evidente riferimento al passato e all’oggi. Come si rapporta invece la vostra presenza al Festival rispetto al suo titolo – «la comunità che viene» –, che ci sbilancia fortemente verso il futuro? Verso che tipo di possibile o impossibile – seguendo l’hashtag #lacomunitàchenonviene – comunità ci stiamo proiettando?
ML – Premetto che non sono una grande frequentatrice di social! Ma mi sembra che il progetto How long is now si colleghi molto bene a questa idea di comunità trasversale, dove non puoi immaginarti come qualcosa che verrà senza sapere prima da dove vieni. Tutti noi facciamo i conti con quello che c’è stato con la storia, la tradizione, le radici ma il nostro mestiere e’ qui e ora e dobbiamo imparare ad essere feroci per afferrare il momento senza paura senza pensare che qualcuno prima di noi l’ha già fatto.