In occasione del festival Teatri di Vetro 2015 – TdV9 – che si svolgerà a Roma dall’1 al 15 novembre 2015 occupando spazi quali il Macro di testaccio, l’Opificio Romaeuropa, Carrozzerie N.O.T., il teatro Vascello, la redazione di Nucleo Artzine ha intervistato gli artisti ospiti di questa nuova edizione della rassegna di musica/danza/teatro che è alla sua nona edizione. Il titolo scelto dallo staff di TdV9 è “La comunità che viene”, che pone l’accento sul bisogno concreto di creare una comunità artistica a cui potersi rivolgere, che possa costruire continuamente spazi di creazione, ridefinendo il proprio terreno di lavoro e la propria pratica.
La giornata conclusiva della rassegna vedrà come protagonista il cantiere di formazione e scrittura coreografica ACERBO TOTALE, un progetto promosso da L’arboreto – Teatro Dimora di Mondaino, Teatri di Vetro/triangolo scaleno teatro, Cie Twain/OFFicina TwaIN, che si propone di sostenere i giovani coreografi nella loro formazione artistica. Presso la sede di Carrozzerie N.O.T. saranno ospiti Valeria Loprieno e la compagnia DEHORS/AUDELA.
Da consumarsi preferibilmente entro – Best Before…, presentato dalla coreografa Valeria Loprieno, è una riflessione sulla natura del concetto di scadenza. Unico protagonista dello studio è il corpo, che utilizza lo strumento danza – arte effimera per eccellenza – per raccontarci l’ironia e la drammaticità dello scadere. La presentazione di questo primo studio ci fornisce l’occasione di conoscere direttamente la coreografa e la sua poetica creativa.
1. Da dove nasce il lavoro che verrà proposto a Teatri di Vetro 9 e qual è stato il suo processo di creazione?
Il lavoro nasce da una presa di coscienza, una consapevolezza che solo adesso che ho raggiunto i 35 anni ho maturato: la scadenza non si riferisce solo a prodotti di consumo alimentare, ma ha anche una valenza più biologica, personale e oserei dire intima. Il nostro corpo, che è il mezzo con cui attraversiamo la nostra vita, subisce dei cambiamenti che purtroppo prevedono di compiere determinate scelte non solo perché si ha realmente voglia di compierle, ma anche e soprattutto perché si rischia di essere “scaduti” nel momento in cui questa voglia è veramente reale. Penso, nello specifico, ad una gravidanza, ma questo discorso l’ho poi accostato a tutto ciò che nella vita e per così dire “a termine”. Ci sono età in cui, pur avendo l’opportunità di approfittare di alcuni vantaggi e occasioni, non si vive abbastanza il momento. Con mia somma tristezza ho potuto notare che più si va in là con gli anni e meno cose ti sono concesse, sia da un punto di vista legale e burocratico che da un punto di vista fisico, nonostante si senta di avere molta più consapevolezza e maturità. Da qui la mia consapevolezza ha preso l’indagine dell’effimero, della vacuità, del volatile. Il punto di partenza è stato poi il pretesto per analizzare il movimento, il campo d’azione che mi appartiene da 30 anni, e scoprire con stupore che poi è uno dei campi più effimeri tra le arti, che il gesto si consuma nel momento in cui si manifesta e che appartiene strettamente alle persone che lo compiono, nella loro interezza di corpo-mente, di informazioni fisiche e emozionali che hanno inglobato durante la loro vita. Per questo ho voluto lavorare con 3 donne diverse per età, esperienze, struttura fisica ed emotiva. Il processo di creazione si è basato sulle unicità, è stato molto autonomo e nello stesso tempo sorprendente per le relazioni che si sono venute a creare.
2. Qual è il rapporto della performance con i lavori passati? Il lavoro prevede sviluppi futuri?
Rispetto ai miei lavori passati, la performance che presenterò a Teatri di Vetro è completamente in controtendenza. Nei miei due precedenti lavori, Simulacre e Pablo, sono partita sempre da una drammaturgia ben definita, da ispirazioni letterarie e reali, e ho unito alla danza anche il teatro di parola. Questa performance è essenzialmente basata sul movimento puro, ma nonostante questo offre agli spettatori delle chiavi di lettura molto chiare come nel mio stile. Il lavoro che presenteremo è in una versione breve di 20 minuti che spero abbia la possibilità di allungarsi e di diventare uno spettacolo vero e proprio. La struttura a moduli però prevede anche lo scaglionamento della performance quindi potrebbe durare dai 5 minuti ai 50. La mia volontà sarebbe quella di lavorarci ulteriormente in futuro.
3. Da consumarsi preferibilmente entro – Best Before… è un lavoro che va a trattare del contesto dell’effimero a livello naturale, biologico e sociale, arrivando ad interrogare la danza, arte effimera e non riproducibile per eccellenza. Esiste una scadenza di tipo morale e la danza può in qualche modo parlarne col suo linguaggio?
Una scadenza di tipo morale esiste nel momento in cui si pensa che per la società un determinato comportamento sia moralmente deprecabile ad una certa età. Penso a quante cose vengano concesse ai bambini e reputate totalmente immorali se fatte da persone adulte. Questo è un altro campo che vorrei analizzare delle scadenze, e cioè la sensazione o la universalmente accettata constatazione che una cosa sia scaduta, e invece la reale scadenza di una cosa. Faccio un esempio per semplificare il concetto: Per la società a 25 anni è “preferibilmente scaduto” il momento di giocare con le bambole, ma non si è realmente impossibilitati a farlo. Mentre è realmente scaduto il ridotto al cinema. Biologicamente penso alla menopausa che determina la scadenza per avere dei figli e così via. La danza in generale può parlare di qualsiasi argomento perché è un’arte versatile, universale e soprattutto effimera!
4. La campagna di promozione tramite social network di Teatri di Vetro 9 si è basata ironicamente sull’assenza all’interno del Festival di personaggi come star o intellettuali/artisti, magari già morti. È questo un evidente riferimento al passato e all’oggi. Come si rapporta invece la vostra presenza al Festival rispetto al suo titolo – «la comunità che viene» –, che ci sbilancia fortemente verso il futuro? Verso che tipo di possibile o impossibile – seguendo l’hashtag #lacomunitàchenonviene– comunità ci stiamo proiettando?
Ho apprezzato molto la campagna social di Teatri di Vetro 9, perché ci mette in relazione con un passato che in realtà è un presente fortissimo ed evidentissimo. Tutti i personaggi, star ed intellettuali, che facevano parte della comunità che non veniva al Festival, in fin dei conti, non sono altro, chi più chi meno, che coloro che mi hanno formato e penso che, come me, abbiano formato e lasciato tracce negli altri artisti presenti al Festival e negli artisti in generale. Sono un po’ i miei padri spirituali, personalità importanti della storia a cui non si può rimanere indifferenti, per questo posso affermare con tutta certezza che anch’essi sono presenti eccome nell’edizione numero 9 del Festival. Detto questo penso che la comunità a cui ci stiamo proiettando sia una comunità abbastanza indifferente, che denigra sempre più l’arte perché la reputa, e ritorna ancora la parola, effimera e inutile. Il Festival Teatri di Vetro resiste nonostante questa indifferenza e questo è un grande merito e permette, anche a persone come me che non godono di fama assoluta, di far parte integrante di questa splendida realtà.
Quando? 15 novembre 2015, h 18:00
Dove? Carrozzerie N.O.T, via Panfilo Castaldi 28/A
Perché? Per sostenere le giovani comunità coreografiche che rivendicano la centralità del corpo e che coraggiosamente, in un ambiente definito coreutico ma sempre più farcito di pressappochismo e virtuosismi lontani dalla danza, lo definiscono come primo strumento capace di trasmettere concetti complessi che attanagliano la società contemporanea.