Ideazione, testi, coreografia Paola Bianchi consulenza artistica Silvia Parlagreco in scena Paola Bianchi e Giuseppe Tordi elaborazione suono Paola Bianchi, Fabio Barovero disegno luci Paolo Pollo Rodighiero si ringrazia Ivan Fantini, Valerio Valoriani, Roberta Failla, Movimento Centrale produzione FC@PIN.D’OC in collaborazione con Cricoteka-Centro di documentazione dell’artebdi T.Kantor-Cracovia, Consolato Generale della Repubblica di Polonia in Milano, Teatro Verdi-Milano, Versilidanza, Teatro Cantiere Florida di Firenze nell’ambito del Progetto a sostegno delle Residenze Artistiche in Toscana, Santarcangelo Festival Internazionale del Teatro in Piazza, CAB008, AGAR con il contributo di Mibact e Regione Sicilia Festival Teatri di Vetro 9 11 novembre 2015, Teatro Centrale Preneste, Roma
Paola Bianchi, nuovamente ospite di Teatri di Vetro presenta Zero presso la Centrale Preneste di Roma. Zero è un lavoro di ricerca sulla gestualità dei corpi portati in teatro da Tadeusz Kantor a cento anni dalla sua nascita.
La scena scarna si apre con due persone, Paola Bianchi e Giuseppe Tordi. I due corpi si svelano pian piano, attraverso abiti semplici, color pastello nel caso di Tordi, che lo accompagneranno nei lunghi cammini e nelle attese, nei dialoghi lontani con il corpo dell’altra che nel frattempo esplora lo spazio con gesti cupi, chiusi, inquietanti e con un viso che si rivolge poco al pubblico.
Le luci sostengono e sottolineano l’esile fisicità della Bianchi che si mostra nella muscolatura, nell’ossatura e svelano un corpo che lavora posatamente sulla gestualità dei personaggi della drammaturgia del regista polacco.La scena è sguarnita, insieme ai due corpi sono presenti solamente due casse che riverberano nella sala i silenzi e i piccoli suoni che lo stesso Kantor produceva negli intervalli delle sue parole, suoni avuti grazie alla collaborazione con la Cricoteka di Cracovia.Il lavoro si sviluppa con la descrizione di un’assenza. I due corpi, fermi, ascoltano insieme al pubblico una voce femminile che ci descrive una scena immaginata: l’azione di un gruppo di bambini e una donna. Lentamente la danzatrice delinea lo spazio seguendo le indicazioni della voce registrata, riempiendolo con gli oggetti della scena. Viene seguita e supportata da un delicato disegno luci mentre appoggia con cura al pavimento un cilindro nero, un paio di scarpe rosse ed un libro.
L’azione si conclude con il suo stesso corpo, divenuto quello della donna immaginata, che si stende in prossimità del pubblico.Il lavoro sulla gestualità kantoriana si chiude come si era aperto, con le lunghe passeggiate di Tondi, in attesa e in ascolto e l’esplorazione gestuale, decisamente più dinamica, della Bianchi.
Concludiamo ponendo attenzione a ciò a cui il pubblico ha assistito prima di entrare nella sala del teatro Centrale Preneste: la lettura di un documento da parte di un collaboratore di Paola Bianchi, una lettura che ci informa del mancato ingresso in graduatoria per i fondi della Regione Lazio del Festival Teatri di Vetro per la sua prossima edizione. Ancora una volta un’invocazione dei teatranti per questo ambiente che sta, non più così lentamente e sommessamente, annegando in un mare di lacrime.