La fotografia di Rodčenko irrompe con prepotenza a rappresentare una realtà, quella sovietica. Il suo metodo si esplica immediatamente: immagini audaci ritraggono uno spezzone di vita inquadrato da un punto di vista insolito e alternativo. E’ un nuovo modo di fare arte. Nelle sue parole l’intento è espresso molto chiaramente:
‹‹Millenni di pittura ci hanno educato così, ci hanno insegnato a vedere ogni cosa secondo principi compositivi vecchi e stravecchi. Serve una rivoluzione sulla gente affinché impari a vedere da ogni punto di vista e con ogni illuminazione››.
La sua attività s’iscrive interamente nel regime sovietico: promuove una società nuova, un mondo migliore, una civiltà cambiata utilizzando il linguaggio costruttivista e applicandolo alla fotografia. Siamo indotti ad osservare da un’angolazione differente, come fosse decentrata… Il soggetto è calato nella realtà, contestualizzato. Ecco allora manifestazioni sportive rappresentate con inversioni orientative, spettacoli acrobatici inquadrati diagonalmente, lavoratori in fabbrica che non appaiono nella loro totalità e interezza.
Le fotografie sono vita, vita vera, in tutti i suoi aspetti: ora ci colpiscono, ora ci stupiscono. L’obiettivo finale non è solo riproposizione della realtà ma, al tempo stesso, presentazione visiva di costruzioni mentali e intellettuali. La fotografia è realtà, è storia, è politica, è volontà di cambiamento, è rivoluzione, è divulgazione.
Rodčenko si avvicina alla fotografia per produrre fotomontaggi, utilizzati per manifesti e illustrazioni di libri. Se ne possono osservare molti e anch’essi sono più che mai inseriti in una dinamica politica che pare voglia inglobare ogni aspetto dell’esistenza. Quella realtà che inizialmente lo ammira ed esalta, facendogli acquisire una grande fama, arriverà a criticarlo: il suo modo di fare fotografia sarà considerato troppo “formalista”. Tale tendenza non si può ignorare nei ritratti: i volti diventano volumi, l’illuminazione è superflua, il personaggio diviene secondario; l’attenzione è tutta incentrata sulla testa e sulla forma che essa può assumere.
Negli anni le critiche s’intensificheranno sempre più, tanto da costringerlo a ritrarre solo eventi di stato; esasperato, negli anni ’40, abbandona la fotografia in favore della pittura. La sua esperienza rimane comunque paradigmatica, Rodčenko palesa la sua epoca, presenta il suo pensiero, manifesta il suo ottimismo, delinea i contorni di un’arte diversa, non più celebrativa e rappresentativa ma partecipativa e collettiva.
ALEKSANDR RODčENKO
11 ottobre 2011 – 8 gennaio 2012, Palazzo delle esposizioni
a cura di Olga Sviblova