Sta per piovere

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Quando i genitori di Said emigrano a Firenze lui non è ancora nato. Quando si lasciano alle spalle la loro terra, l’Algeria, non sanno cosa li aspetta. Poi trovano un lavoro, comprano una casa e mandano i propri figli a scuola. Said e Amir nascono, studiano, vivono in Italia. Ma non sono italiani. Presentato in anteprima mondiale al Dubai International Film Festival, Sta per piovere di Haider Rashid racconta la storia di un’accoglienza. E di un’espulsione.

Sta per piovere, di H. Rashid, Ita 2013, 91’

in uscita nelle sale cinematografiche il 9 Maggio 2013

Sceneggiatura e montaggio: Haider Rashid

Fotografia: Alessio Valori, A.I.C.

Musica: Daniele Bernabei

Scenografia: Matteo Cecconi, Gilda Dolmetta

Distribuzione: Radical Plans

Interpreti: Lorenzo Baglioni, Mohammed Hanifi, Giulia Rupi, Amir Ati, Arthur Alexanian, Michael Alexanian, Denny Bonicolini, Luca Campostrini

Con profondo e cocente realismo il regista segue i passi della famiglia di Said nel nostro Paese: ci mostra una Firenze inedita, vissuta da un ragazzo che la sera si ritrova al pub a tifare Italia alla finale degli Europei, con in faccia stampato un tricolore e con un accento grezzo, marcato; che discute con la fidanzata su dove andare in vacanza, che lavora di notte come panettiere e che di giorno frequenta Ingegneria meccanica all’università.

Il padre di Said è in Italia da trent’anni, la moglie è deceduta poco dopo e l’uomo, con tutta la caparbia, il rigore e la fermezza della sua terra d’origine ha cresciuto i suo figli in un Paese lontano dalle sue tradizioni, dai suoi costumi, dalla sua patria. È davvero così? Si troverà a domandarsi, quando la fabbrica presso la quale ha sempre lavorato sarà costretta a licenziarlo a causa del fallimento successivo al suicidio dell’imprenditore proprietario. No, non è più così. L’Italia lo ha accolto, gli ha dato nuove tradizioni, nuove radici. Senza lavoro, però, il permesso di soggiorno non può essere rinnovato. È così che il Paese che gli aveva aperto le braccia ripaga lui e la sua famiglia dopo più di 30 anni? Il conflitto, la lacerazione, il sentire di non appartenere a nessuna terra, l’essere considerati estranei anche a casa propria, impossibilitati a lottare contro una burocrazia ostile e pigra: questo è riservato a molti cittadini stranieri che sono emigrati in Italia.

Said non conosce l’Algeria, non l’ha mai vista se non in cartolina. L’ha immaginata a stento nei racconti di qualche familiare. Immagina che ci sia il deserto, che ci si possa andare qualche volta in vacanza. Said è un immigrato di seconda generazione che Rashid segue e supporta attraverso la macchina da presa, attraverso tumulti interiori, inquietudine, rabbia, paura di perdere tutto.

I personaggi sono in primo piano nella regia di Rashid; più che gli spazi e i tempi sono i volti ad essere privilegiati. Sta per piovere non è un documentario, ma sembra esserlo. Sembra infatti assente ogni finzione cinematografica, ogni inquadratura strategica. Tutto trova il proprio posto nella dinamica perfetta della vita che scorre, ma che tenta in ogni istante di afferrare. Viene voglia di scuotersi, di alzarsi dalla propria poltrona in sala e fare qualcosa, lottare contro un sistema che il regista riesce a mettere a fuoco in ogni sua debolezza.

Insomma, Sta per piovere lancia uno sguardo su una realtà che troppo spesso ignoriamo, che riteniamo appartenga a un altro troppo lontano da noi per prenderlo in considerazione. Non è così. Said è il ragazzo della porta accanto, il compagno di banco, il garzone, il cameriere del bar sotto casa. È un italiano e l’Italia ha il dovere di occuparsene.

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Redazione

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