Il 9 Dicembre è stato proiettato al cinema Quattro Fontane Still life, secondo lungometraggio di Uberto Pasolini, già regista nel 2008 di Machan, vincitore di numerosi premi, e produttore di film di successo come Full Monty e Bel Ami – Storia di un seduttore.
Still life, di Uberto Pasolini, UK 2012, 87’
nelle sale cinematografiche dal 12 Dicembre
Sceneggiatura: Uberto Pasolini
Fotografia: Stefano Falivene
Montaggio: Tracy Granger, Gavin Buckley
Musica: Rachel Portman
Scenografia: Lisa Marie Hall
Produzione: Redwave/Embargo films
Distribuzione italiana: Bim distribuzione
Cast: Eddie Marsan (John May), Joanne Froggatt (Kelly), Karen Drury (Mary), Andrew Buchan (Mr Prachett).
Still life è un film sulla solitudine e sulla morte, argomenti tutt’altro che leggeri, affrontati però dal regista con una delicatezza esemplare. Egli stesso afferma di aver voluto girare un film statico, volontà che trova conferma nel titolo, che tradotto vuol dire “natura morta”. Il film si basa su fatti reali, infatti esiste realmente un lavoro che consiste nell’occuparsi delle persone che muoiono in solitudine, senza nessuno che si occupi di loro.
Il protagonista, John May, interpretato dall’attore inglese Eddie Marsan, è un funzionario comunale che si occupa proprio delle persone che muoiono sole. John è un uomo solitario, introverso, abitudinario. Per lui il lavoro è tutto, dare dignità a queste persone abbandonate è la sua unica occupazione. Per questo motivo prende molto a cuore ogni caso, cerca in tutti i modi di rintracciare i parenti, organizza i funerali, sceglie la musica e scrive i discorsi. Quando il suo capo gli annuncia che sarà licenziato, John perde ogni punto riferimento ed è costretto ad affrontare la vita in modo diverso. L’ultimo caso di cui si occupa prima di lasciare il lavoro è molto importante per lui, si tratta di un uomo morto in un appartamento proprio di fronte al suo. A quest’ultimo caso John dedica tutte le sue forze, riuscendo anche a rintracciare la figlia, Kelly, con la quale nascerà subito un’attrazione particolare. Ma proprio nel momento in cui John comincia a liberarsi da tutte quelle abitudini nelle quali si era rifugiato fino a quel momento, un tragico evento interrompe il suo percorso.
Questo film è prima di tutto una riflessione sulla società contemporanea, sulla mancanza di solidarietà fra le persone, su come i nostri vicini di casa siano ormai degli sconosciuti, sul poco valore che ormai si da alla vita e soprattutto alla morte. La regia di Pasolini mostra tutta la passione che egli prova nei confronti della storia e del protagonista. Il regista si rende quasi invisibile, segue con affetto la routine, dai gesti più piccoli al grande impegno verso il prossimo, di quest’uomo che vive nell’ombra, per dargli lo spazio che merita. La posizione della macchina da presa in questo film rispecchia perfettamente l’atteggiamento di John nei confronti del mondo; se nella prima parte del film osserviamo la realtà dal punto di vista del protagonista, dal momento in cui egli adotta un atteggiamento di maggior apertura verso il mondo esterno abbiamo anche la possibilità di osservare attraverso la prospettiva di un altro personaggio, ovvero Kelly. John a questo punto stabilisce un contatto con altre persone e questo contatto si riscontra anche a livello fotografico.
Come abbiamo detto, si tratta di un film delicato, statico, forse anche troppo. Se da un lato l’interpretazione di Eddie Marsan risulta assolutamente credibile ed efficace – non è difficile credere al regista quando afferma di aver scritto la parte pensando a Marsan – dall’altro Pasolini indugia a tratti eccessivamente nella quotidianità del protagonista, nella sua solitudine, nella sua esistenza vissuta quasi in punta di piedi. Di conseguenza il risultato è un film piacevole, a tratti molto toccante, ma, probabilmente anche a causa del tema piuttosto ostico, non abbastanza coinvolgente ed incisivo.
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