La curatela di Antonio Cimino e Vincenzo Costa ha un semplice quanto difficile obiettivo, quello di descrivere la fenomenologia dalla sua nascita, ad opera del suo fondatore, E. Husserl, fino ai suoi più recenti e multidisciplinari sviluppi.
A partire dalla nozione di fenomenologia nella tradizione prekantiana e dal concetto di intenzionalità della coscienza, il libro cerca di delineare quale siano le origini di questa corrente di pensiero, protagonista assoluta del Novecento filosofico.
Ma cos’è la fenomenologia? Essa «nasce e si comprende come un atteggiamento di pensiero che tende per propria natura ad oltrepassare le schematiche contrapposizioni che hanno segnato molte epoche della tradizione filosofica e che, quasi periodicamente, ritornano nelle fasi di stagnazione intellettuale: assolutismo e relativismo, razionalismo ed empirismo, ideale e concretezza storica ecc. Se la fenomenologia nacque e si sviluppò come filosofia della crisi, allora la parola crisi deve essere intesa in senso positivo: come rimando alla genuina autocritica della razionalità filosofica e della razionalità umana tout court».
Il metodo fenomenologico, secondo Husserl, consiste nel mettere tra parentesi il mondo, nel compiere una riduzione fenomenologica, affinché si possa accedere alla comprensione di come sia possibile un’esperienza del mondo stesso, del mondo della vita (Lebenswelt), mostrando come questo sia accessibile, spazialmente e temporalmente, prima di tutto, in maniera prescientifica. La fenomenologia si prefigge il compito di riscoprire quel telos che ha percorso tutta la storia dell’Europa Occidentale: la ricerca della verità.
E se Husserl fu, appunto, il padre indiscusso della fenomenologia, ciò non vuol dire che il suo pensiero divenne quello di un “padre padrone”. Tutt’altro. Nemmeno i suoi più stretti collaboratori, come E. Stein ed E. Fink, possono essere considerati, infatti, husserliani; ci basti pensare, inoltre, al suo “allievo” più famoso, M. Heidegger che, nel delineare una fenomenologia ontologica, compie una «una radicalizzazione ermeneutica della fenomenologia» intesa come «istanza preteoretica o ateoretica della vita». Quello di Heidegger più che un parricidio sembra essere, dunque, un modo completamente differente di concepire l’approccio fenomenologico.
Nella sua terza parte il libro segue il filone francese della fenomenologia. Il percorso inizia con lo studio dell’intenzionalità di J. P. Sartre, prosegue con il primato ontologico della percezione di M. Merleau-Ponty, con la proposta di un’etica come filosofia prima di E. Levinas, e con la fenomenologia ermeneutica del sé di P. Ricoeur, concludendosi, infine, con l’interrogazione sul sapere occidentale, basata sul pensiero della traccia e sulla continua reinvenzione dell’origine, di J. Derrida.
I saggi si spingono fino all’evoluzione del pensiero fenomenologico negli Stati Uniti e in Giappone, affrontando anche il rapporto di questa disciplina con altre come, ad esempio, la filosofia della mente, l’estetica, la psicologia, l’epistemologia, la teologia.
Un libro che si avvale di contributi di eminenti professori stranieri e che realizza, in maniera lodevole, lo scopo che si era prefissato: la storia della fenomenologia è presentata come l’insieme delle sue molteplici “storie” e “posizioni” filosofiche.
STORIA DELLA FENOMENOLOGIA
a cura di A. Cimino e V. Costa, Carocci editore, Roma 2012.