Dopo l’edizione 2011 al Grand Central Art di Los Angeles e l’edizione 2012 alla Bold Hype Gallery di New York, finalmente sbarca in Europa il progetto curato da Nathan Spoor, Suggestivism. 34 artisti che si alternano e si dispiegano tra decadenza contemporanea e senso dell’assurdo. A ospitare l’evento, fino al 30 maggio, sarà la Casa dell’Architettura di Roma.
Artisti: Esao Andrews, Mia Araujo, Julian Callos, Cam de Leon, Ron English, Yoko d’Holbachie, Charlie Immer, Kris Lewis, Jason Limon, Chris Mars, Dan May, Jeff McMillan, Yevgeniya Mikhailik, David Molesky, Brendan Monroe, Heiko Müller, Nathan Ota, Annie Owens, Michael Page, Joey Remmers, Eric Richardson, Scott Scheidly, Greg Simkins, Nathan Spoor, Winnie Truong, Christopher Ulrich, Joe Vaux, Nicola Verlato, Heather Watts, Martin Wittfooth, Sam Wolfe Connely, Chet Zar.
Titolo: Suggestivism Rome
a cura di: Nathan Spoor
Luogo: Casa dell’Architettura/Acquario Romano, Piazza Manfredo Fanti 47
fino al 30 maggio 2013
In foto: Joe Vaux, Black-End, Acrylic on Wood, 24×36
34 artisti. Un unico concetto: l’assurdo.
La Casa dell’Architettura di Roma, già di per sé un’opera d’arte, si colora delle opere pop-surrealiste degli artisti più talentuosi selezionati da Nathan Spoor, una delle firme più in vista della nuova corrente pittorica figurativa statunitense. Suggestivism: questo il nome del progetto che sbarca finalmente in Italia dopo l’edizione 2011 al Grand Central Art di Los Angeles e quella del 2012 alla Bold Hype Gallery di New York. Il nome dell’evento non vuole certo rivendicare l’etichetta di una nuova avanguardia artistica, ma piuttosto fa da filo conduttore ai vari protagonisti che via via sfilano con il proprio concetto di “assurdo”.
Ad accogliere l’occhio dello spettatore, sulla parete sinistra dell’Acquario Romano, sono le opere di Chet Zar col suo Count Menton, che allude vagamente a un Rasputin esoterico e la Mc Riding Cowgirl di Ron English, che stando al titolo scelto per l’opera intende richiamare l’attenzione su una denuncia sociale neanche tanto velata. L’aspetto più coinvolgente è forse la diversità che si espande intorno al concetto di “assurdo”, che ogni artista ha cercato di far suo, negli ambienti, nei soggetti e nelle atmosfere delle tele. Continuando poi a percorrere l’ala sinistra dell’edificio, l’occhio s’imbatte nell’esplosione di colori di Twilight beach di Charlie Immer, che nasconde anch’essa un’evidente denuncia sociale contro l’imperante consumismo dell’epoca moderna. Le tonalità calde e la pittura in rilievo contraddistinguono invece il lavoro che porta la firma di Brendan Monroe, Anomaly.
Per smorzare l’inquietudine artistica che si respira in questa prima fase dell’esposizione, è necessario spostarsi al primo piano del palazzo. Ulrich, Simkins, Yoko d’Holbachie, Richardson si alternano con una serie di opere a sfondo filosofico, mistico, a tratti orientaleggiante. Per arrivare poi alla Berenice gotico-contemporanea in stile famiglia Addams di Annie Owens. O ancora l’aquila cacciatrice di Wittfooth, che nasconde un’accusa senza filtri nei confronti dell’imperialismo estremo degli Stati Uniti. A chiudere la mostra, ci sono le opere firmate da Spoor, che, con tonalità pastello, raffigura omini da cartone animato in un ambiente grottesco e buio, da Joe Vaux, che con Fossil Fuel intende rivisitare in chiave contemporanea il Guernica di Picasso, e infine da Joey Remmers, che si stacca bruscamente dallo stile delle opere precedenti per catapultarci in un’ambientazione da brividi con la sua opera The cave.
Ciò che rimane alla fine della visione di questo progetto di avanguardia è il forte senso di stanchezza e di decadenza che gli artisti sono riusciti a imprimere sulla tela con una forza complessa ed evocativa, che sapientemente ha saputo fondere gli elementi di noia, alienazione e senso dell’assurdo, che più di tutto contraddistinguono l’età contemporanea.