TdV 7-W.I.P.: Farmacia Zoo:È, Religions

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Articolo di: Valeria Beggiato

Il 26 Aprile, nella quinta giornata del festival Teatri di Vetro, la compagnia Farmacia Zoo:È porta in scena al teatro Palladium Religions 1. Studio, il risultato di una ricerca sull’influenza dei condizionamenti sociali sulla vita delle persone.

 

 Religions 1. Studio

Di: Gianmarco Busetto

Con: Alessia Barbiero, Debora Slanzi, Enrico Tavella, Gianmarco Busetto

Regia di: Gianmarco Busetto e Carola Minincleri

Luci : Giorgia Cabianca

Produzione: Farmacia Zoo:E’/Lavanderia Nordest

Quando: 26 Aprile 2013

Dove: Teatro Palladium

Non è la religione il tema affrontato in questo studio dalla compagnia Farmacia Zoo:è, o almeno non la religione nel suo senso più comune. Dal latino relegere, «ripercorrere», «rileggere», ma anche religare, «legare», «vincolare», è l’etimologia della parola a chiarire il titolo dello spettacolo Religions, che analizza quei condizionamenti sociali, territoriali e familiari che influenzano profondamente la vita dell’individuo nella società contemporanea: il riconoscersi all’interno di un ambiente di persone scatena spesso dinamiche di appartenenza che, per le regole e le ritualità che sottointendono, sono paragonabili a veri e propri culti.

Lo spettacolo nasce da una raccolta di testimonianze di vite di giovani italiani intervistati in Veneto, da cui traggono ispirazione i personaggi rappresentati in scena.

Quattro giovani come tanti, quattro amici che osserviamo alle prese con le classiche dinamiche di coppia e di gruppo, tra feste, divertimenti, manifestazioni o appuntamenti.

Fin dall’inizio dello spettacolo, si intuiscono i tratti sommari delle loro personalità evidenziate

nei modi di vestire, nelle movenze e negli atteggiamenti, che tradiscono l’insicurezza e l’impaccio, l’ostentata disinvoltura e l’’esuberanza ai limiti dell’aggressività.

Progressivamente si acquisiscono sempre più informazioni sui loro vissuti: tra le varie scene, alternandosi davanti ad un microfono, ognuno ripercorre la sua storia rievocando gli anni dell’infanzia e l’ambiente familiare, le aspettative e i sogni sfumati col passare del tempo.

Il denominatore comune delle loro esistenze, che traspare dai loro racconti, è un vago senso di disagio: qualcosa è andato storto durante i loro percorsi. È il senso di colpa per aver tradito se stessi in qualche modo: ciascuno di loro ha seguito la strada più ovvia, lasciandosi trasformare in ciò che le persone circostanti – famiglia, amici, società – si aspettavano che diventasse, sia nella professione sia nella personalità, barattando le proprie reali inclinazioni con l’apparente sicurezza di una strada già segnata.

Nonostante alcuni elementi formali forse ancora da perfezionare, l’idea presentata in questo primo studio è interessante e ricca di spunti di riflessione sulla realtà contemporanea validi per chiunque: quanto siamo determinati dall’ambiente in cui viviamo? Come possiamo liberarci dagli schemi mentali imposti dall’esterno? Quanta autenticità siamo disposti a sacrificare nel nome dell’approvazione di chi ci è intorno?

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Redazione

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