Articolo di: Lorenzo Belloni
Nell’ambito del festival Teatri di Vetro, fino al 28 aprile, al Teatro Palladium, Filippo Berta presenta la sua mostra Personale, composta da tre lavori video: Allumettes, Instructions for use e Déjà vu.
Artista: Filippo Berta
Quando: dal 23 al 28 aprile
Dove: Teatro Palladium, Roma
Info:
Dualismi, socialità, rapporto tra conflitto e gioco. Filippo Berta espone tre lavori, tre momenti del suo percorso artistico, costituito principalmente da eventi performativi – organizzati con la partecipazione di persone comuni – creati a partire da una situazione stabilita ma non calcolata nella sua esecuzione, lasciando così che si sviluppino in maniera imprevedibile e, di conseguenza, irripetibile.
Le performance sono raccolte in video – con l’utilizzo di una o più camere – ed elaborate attraverso un montaggio che lasci inalterato lo svolgersi in presa diretta degli eventi, rispettando i tempi dell’evento, alternando solo le inquadrature, mostrando scorci diversi e punti di vista la cui rilevanza è dettata dallo svolgersi stesso dell’opera (che sia l’accendersi di un fiammifero, o la caduta di un fucile al suolo), senza ulteriori mediazioni: il tentativo è di riprodurre al meglio la realtà dell’evento.
Allumettes, realizzato nel 2012 nel Museo Madre di Napoli, è un’analisi sulla perfezione, rappresentata da un quadrato composto da circa novanta persone, ognuna munita di dieci fiammiferi. Ogni persona, al finire dei suoi fiammiferi, dovrà lasciare il quadrato. Si assiste quindi a questa collettività che insieme costituisce una forma perfetta e luminosa, ma nella quale ogni singolo esprime la sua personalità,il suo tempo personale. È una perfezione di una stabilità fugace, destinata e dissolversi e a spegnersi; ma questa caducità è il difetto della perfezione, o è proprio la caducità, l’istantaneità a costituire la perfezione? È un dilemma affine a quello che riguarda la struttura stessa dell’opera, in quanto evento performativo, e forse la risposta ad uno può essere indicativo per rispondere anche all’altro quesito.
Instructions for use, realizzato anch’esso nel 2012 nell’ambito del progetto Dolomiti Contemporanee a Belluno, inquadra l’arma nella sua doppia natura di strumento militare e di gioco. Per realizzarlo è stato chiesto ad alcuni Alpini in congedo di eseguire, in divisa, degli esercizi militari con il proprio fucile, per poi tenerlo in equilibrio con la punta sul palmo a mo’ di gioco, da portare avanti fino a sentire la necessità di lasciar cadere l’arma a terra per lo sfinimento. In seguito, le armi cadute sono state lasciate nella loro posizione ed intorno ad esse è stata allestita una mostra, in cui era proiettato anche il video della performance. L’arma è il simbolo per eccellenza del conflitto reale come di quello simulato, e rappresenta un feticcio tipico della modernità. In questo senso è il soggetto ideale per porre la questione su quale sia il confine tra simulazione a scopo ludico e violenza.
Dejà Vu è stato realizzato nel 2008 in occasione della IV Edizione del Premio Internazionale della Performance organizzato dalla Galleria Civica di Trento. L’opera consiste in alcune coppie di gemelli disposte in parallelo, ciascuna coppia gioca al tiro alla fune, il centro della fune è dipinto di rosso. Ogni coppia gioca il suo tiro alla fune cercando di porre il proprio centro in linea con quello delle altre. Vi è così un dualismo interno, basato sul conflitto di un’identità costruita su due parti speculari ma in qualche modo opposte, e la ricerca di un quanto mai instabile equilibrio di ogni identità–bipartita nel suo rapporto con le altre. Un singolo all’interno di un contesto sociale, entrambi in continua tensione, alla ricerca di un punto di contatto, di un in comune, tanto difficile da mantenere quanto importante da raggiungere.