Il palcoscenico della Locanda Atlantide ha ospitato S’ignora, monologo di Fabio Massimo Franceschelli: uno spettacolo sulla mezza età, sull’emancipazione femminile e sul destino di un’attrice nel mondo dello spettacolo in Italia. L’evento è stato il secondo appuntamento della rassegna di teatro e performance Teatratlantide.
S’ignora
Drammaturgia: Fabio Massimo Franceschelli
Soggetto: Francesca Guercio
Con: Francesca La Scala
Consulenza artistica: Claudio Di Loreto
Registrazioni: “Mr. Flat Recording” di Francesco De Laurentiis
Dove: Locanda Atlantide
Quando: 18 giugno 2013
Una vita che si rispetti appare sempre in salita, perché la si conquista gradino dopo gradino. Sfide sempre nuove le conferiscono un gusto tutto particolare. E così facendo si arriva alla vetta, a quel ciglio tanto desiderato di indipendenza, di esperienza e saggezza; intorno ai quarant’anni s’è fatto, pare, un numero sufficientemente madornale di errori da poter campare di consigli per i successivi quaranta. In molte vite quell’attimo di conquistata sicurezza diviene statico, quasi cristallizzato, e determina l’inizio di una nuova fase: l’autoanalitica mezza età. Adesso, bisognerebbe provare a passeggiare su quel ciglio con tacco dodici e disinteressato savoir-faire, tra il burrone dell’eterna giovinezza e quello della vecchiaia per capire tanti drammi di signore moderne. Un’impresa che riesce a pochissime donne.
L’attrice Francesca La Scala prende una sigaretta. L’accende. Inizia un paradossale sobbalzare dal metateatro all’autobiografia di una donna nell’universo confuso dello spettacolo, parlando di quell’esplosione di contraddizioni che sembra la vita appena trascorsa. La girandola di temi trattati è, apparentemente, un insieme di storie di cattiveria tutta al maschile, di devastazione culturale e di femminilità svilita. Un monologo dove possiamo trovare sfogo isterico e cinica riflessione, umorismo condito da improvvise e durissime frecciate all’orgoglio sessuale del maschio. Nel raccontare l’attrice si rivolge ora al pubblico ora all’autore. Stavolta è lei l’autrice e non ammetterà uomini nella delicata fase di scrittura. Per essere donna nonostante l’uomo, per essere femminile nonostante l’apparente bisogno di seduzione, per essere artista nonostante il riconoscimento, deve smetterla di ignorarsi. Divenire soggetto.
Attorno a sé, la scenografia è tutto un ammassarsi di oggetti sconclusionati, non un bacino di cure familiari assordato da voci di bambini, ma piuttosto l’accampamento di un’armata in rotta, arresasi all’evidenza della solitudine. La loro disposizione non suggerisce certo la presenza di un’essenza ordinatrice. L’unica donna che potrebbe riportare l’ordine è tutta presa in dilemmi di natura differente: disporre borse e mobilio, fare pulizia, iniziare la dieta, vestirsi di tendenza; tutto finisce nei propositi del nuovo anno. La psiche sotto assedio di quest’attrice è impegnata nell’epurazione del superfluo, un’operazione tanto netta da interessare la sua stessa identità. Un gioco per liberarsi dell’inconscio superfluo che non ci appartiene, terapeutico come il teatro.
Complice il soggetto di Francesca Guercio, la pièce di Fabio Massimo Franceschelli si rivela tracciata con il pennello della sincerità. Parlando con il cuore spesso si tratta temi scomodi, in un modo fin troppo diretto, finendo per offendere spesso chi è abituato a non ascoltare o, ancora più spesso, chi ha interessi da difendere. Attori e attrici si sfidano nel riuscire a dimostrare sincerità sul palcoscenico, con il rischio di annoiare. Il guadagno, però, è maggiore di ogni perdita. Molte ferite dell’uomo, originate dalla vanità, sono state curate grazie al calore di un riflettore, mentre altre volte quel calore ha solamente peggiorato le cose. In entrambi i casi, c’è stato cambiamento.