Teatri Uniti: Diario di un pazzo

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Teatri Uniti porta sulla scena il famoso racconto di Gogol’, riadattandolo alla realtà impiegatizia italiana degli anni cinquanta. A Roma, al Teatro Argot, fino all’11 novembre 2012.

DIARIO DI UN PAZZO
Tratto da I racconti di San Pietroburgo di Nikolaj Gogol’
Con:Roberto De Francesco
Regia: Andrea Renzi
Produzione: Teatri Uniti
 
Teatro Argot -Roma
Dal 23 ottobre all’11 novembre 2012
 

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Trasporre un racconto scritto e ambientato nella prima metà dell’800, nella Russia zarista, in modo da renderlo compatibile con la sensibilità contemporanea, può sembrare un’impresa troppo complessa. Quando però, come in questo caso, l’impresa riesce, ci si comincia ad interrogare sul come e sul perché sia riuscita: Gogol’ ha espresso nel suo racconto un contenuto universale e, in quanto tale, astorico? O il merito va ascritto alla performance straordinaria di De Francesco?

Proviamo a lasciare per un attimo in sospeso questa domanda, e rivolgiamoci a un altro aspetto dello spettacolo: la tensione che ne deriva negli spettatori. La storia dell’impiegato Popriscin, costretto in una vita impiegatizia monotona, kafkiana, normativamente piatta, risuona profondamente negli spettatori. Pur sapendo l’esito delle sue peregrinazioni psichiche – è scritto nel titolo – rimaniamo tesi, attenti a ogni gesto, a ogni parola che viene lanciata nello spazio fra noi e il palcoscenico. Il raffinato lavoro di De Francesco sulla costruzione corporea del personaggio, rivela qui la sua grande capacità di tenerci incollati all’azione, in uno stato perenne di apprensione. Sappiamo già tutto – forse – sul come andrà a finire, ma non possiamo non guardare fino in fondo.

Ed è così, continuando a guardare la dissoluzione psichica del protagonista, che nasce in noi una strana, paradossale inquietudine. L’atteggiamento di deferenza servile, le lungaggini burocratiche nelle quali si può perdere un’intera vita, e questa strana normalità, in cui ogni impulso vitale sembra annegare… possibile che ci si possa ammalare, di normalità? Dove abbiamo già visto tutto questo?

Forse, proprio qui, a Roma, o in qualsiasi grande città, negli sguardi spenti che si incrociano nelle metropolitane, negli uffici, camminando per le strade, assistendo ai rituali e ai convenevoli sociali, svuotati di qualsiasi piacere o significato, e ridotti ad una semplice questione di buona educazione.

Ma la Vita non si lascia reprimere troppo facilmente, e con un ultimo colpo di coda, sferra il suo attacco più distruttivo, quello all’integrità psichica. Così, apparentemente, l’uomo riguadagna di colpo la sua creatività nella follia più estrema e disgregante. Purtroppo, però, il folle non è in grado di esprimerlo e di comunicarlo, ed è così costretto a vivere in un’inconsapevolezza senza fine. Solo l’artista o il mistico, possono attraversare la follia e trarne nuova linfa vitale. Il teatro è anche questa trasformazione, e questa cura.

 

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Autore

Redazione

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