Presso Carrozzerie n.o.t, Teatri di Vetro festival ha dedicato alla danza contemporanea la serata del 25 settembre, presentando tre differenti sperimentazioni coreografiche. Una sorta di vetrina-laboratorio composto da un trittico di performance, di circa venti minuti ciascuna, che ha restituito al pubblico una pluralità di linguaggi possibili presente nel panorama autoriale della giovane danza di ricerca italiana.
Beviamoci su_No game
regia, coreografia e interpretazione: Francesco Colaleo, Maxime Freixas, Francesca Ugolini | Cie MF
Vicini, in jeans e magliette, luce fissa, i tre performer si passano letteralmente un sorriso; l’assenza di musica acuisce il ritmo rallentato di questo contagio. Veniamo proiettati in un gioco che è composto da nient’altro che dall’atto stesso del giocare. In scena c’è unicamente la danza, ora lenta ora scattosa, dei tre performer accompagnati a tratti da musiche festose, suoni di giostre, allegre voci fuoricampo. Le figure coreografiche vengono create dalla tensione degli sguardi e dal contatto continuo tra i corpi. Tra spinte, carezze, prese, abbracci, i danzatori perdono se stessi, si lasciano andare e, calpestandosi, si servono del corpo dell’altro. La performance, che colpisce per semplicità ed efficacia emotiva, è capace di arrivare ad un pubblico ampio proprio per l’immediatezza corporea e la qualità della gestuale dei performer.
Vedi il video “Cosa vorresti che restasse?” di Compagnie MF
Oralità pastorale [n°2]
di e con Monica Serra | Micro Fratture Teatro
La scena si presenta quasi completamente buia, facendo prevalere il senso dell’udito. Sentiamo e riconosciamo subito i suoni tipici della natura – muggiti, ragli, nitriti, cinguettii – sovrapposti a fonemi umani – fischi, schiocchi, sibili, cantilene – atti a interagire con il bestiame. Incappucciata in un abito nero, la performer interagisce senza soluzione di continuità con il materiale audio, precedentemente registrato, manipolato e restituito in partitura sonora. La sua ombra si proietta sulla scena in uno sdoppiamento che diventa in questo modo non solo uditivo ma anche visivo. Al ritmo di questi suoni così realisti, eppure così lontani, veniamo proiettati in una dimensione altra che è al contempo immaginativa e di ricordo. Sentiamo di poter associare immagini tra loro, di poter ipotizzarne delle altre frutto di un’intuizione momentanea, mentre veniamo quasi risucchiati da un vortice di memorie arcaiche, di linguaggi originari che abbiamo ascoltato tutti almeno una volta e che qui si rinnovano di significato, lasciando una vera e propria traccia incarnata nel gesto.
Planimetrie. Primo studio
di e con: Salvatore Insana, Elisa Turco Livieri, Giulia Vismara | Dehors/Audela
Si inizia con un esperimento: al pubblico viene consegnata matita e carta millimetrata affinché ognuno disegni lo spazio in cui ci troviamo. La performance inizia così, con un artificio mentale, la sua indagine sullo spazio e sulla sua percezione. Mentre una danzatrice con movimenti spezzati cerca di ricomporre, gesto dopo gesto, il suo spazio circostante, gli altri due performer la aiutano ad interagire con alcuni oggetti sonori, aggiungendoli man mano in scena e aiutandola a effettuare registrazioni live, poi distorte e riascoltate. La difficoltà – su cui la performance deve ancora in parte lavorare – che si presenta alla danzatrice è proprio il dover interagire con vari tipi di input e, allo stesso tempo, dover restituire al pubblico uno spazio, quello interiore, che non è un limite tra gli oggetti ma forma della sensibilità.
Vedi il video “Cosa vorresti che restasse“? di Dehors/Audela
Teatri di Vetro 10
25 settembre 2016
Carrozzerie n.o.t, via Panfilo Castaldi 28, Roma