concept e regia : Teatro Sotterraneo in scena : un/una bambino/a, Sara Bonaventura, Claudio Cirri scrittura : Daniele Villa luci : Marco Santambrogio consulenza costumi : Laura Dondoli, Sofia Vannini grafica Massimiliano Mati produzione : Teatro Sotterraneo coproduzione : Associazione Teatrale Pistoiese, Centrale Fies sostegno al progetto BE Festival (Birmingham), Opera Estate Festival Veneto, Regione Toscana residenze: Centrale Fies, Associazione Teatrale Pistoiese, Armunia, Warwick Arts Centre 2 novembre, Carrozzerie N.O.T.
be legend! è un lavoro ironico sulla domanda spesso rivolta ai bambini “Cosa vuoi fare da grande?”. Piuttosto che dare spazio ai sogni e alle aspirazioni dei tre bambini in scena, Sara Bonaventura e Claudio Cirri sono gli adulti che li mettono di fronte ai sogni e alle aspirazioni possibili di tre figure storiche: Amleto, Giovanna d’Arco e Adolf Hitler.
Non è chiaro se queste figure assegnate loro siano state pensate a partire da alcuni comportamenti visti nei bambini, o se quello che alla fine fa ridere il pubblico è proprio la dissonanza tra i piccoli personaggi ignari e gioiosi, su cui gli adulti hanno riversato queste aspettative tanto epocali, e la predestinazione a compiere ogni genere di efferatezza.
Nell’intervista rilasciata a Nucleo Artzine, Daniele Villa autore della drammaturgia, ha ben chiarito che il ruolo dei bambini in questo spettacolo è tutto rivolto a interrogare il pubblico e il modo in cui noi usiamo i miti per determinare anche il nostro destino: “Osservare dei bambini incarnare un destino manifesto (modificabile?), osservare l’ambiente che lavora su di loro e li trasforma è un po’ osservare noi stessi, perché la libertà è quello che consapevolmente facciamo con quello che siamo e con quello ci hanno fatto – leggendari o normali è così per tutti.”
Di fatto, i bambini in scena non sono attori, ma agiscono l’imposizione del loro personaggio, anzi vi reagiscono. E vi reagiscono contrapponendo sempre la voglia di giocare e di non curarsi per niente dei drammi degli adulti. Amleto, infatti, vuole giocare a pallone, ma il suo destino d’erede al trono lo sottopone a un regime in cui tutto è controllato. I cibi vengono assaggiati, i palloni forati, qualsiasi cosa possa essere toccata dal giovane principe è prima distrutta dai due attori che rappresentano il controllo della sua storia a fini più grandi. Jeanne d’Arc è invece un’esplosione di euforia, una trottola che schiva la determinazione imposta dagli adulti, anche quando ride della sua futura morte sul rogo. Allo stesso modo, la figura di Hitler è duramente imposta a un bambino che reagisce ripetendo in loop “io non sono il male assoluto”, “io non sono il male assoluto”, “io non sono il male assoluto”, per cui, la reazione al dover a tutti i costi “diventare qualcuno”, in questo caso sembra risolversi in un’altra forma di disagio. Per fortuna il finale grottesco sulle note dance di Eins Zwei Polizei (Mo-Do) trascina via l’ansia del pubblico e riscopre il gioco delle parti.