TEMPI STRETTI: le fabbriche oltre i cancelli

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TEMPI STRETTI

di Ottiero Ottieri

Hacca Edizioni, 2012

 

Milano, primi anni 50. Giovanni vive nel capoluogo lombardo già da alcuni anni e dopo una breve esperienza come correttore di bozze decide di non inseguire la carriera giornalistica, trovando lavoro come tipografo all’ Alessandri, storica azienda, a conduzione familiare, della città. Giovanni occupa una stanza in affitto a casa di Paolo, operaio nella stessa impresa, che vive con la figlia Caterina.
La casa è abitualmente frequentata dal fidanzato della giovane, Aldo, un meccanico attivo politicamente nella propria industria; sarà lui ad introdurre Giovanni negli ambienti sindacali. A completare la famiglia si aggiunge Emma, abruzzese, mandata al nord dalla madre   per trovare lavoro; anche per lei l’unica possibilità sarà la fabbrica.

Questo lo scenario e i personaggi principali descritti dal narratore onnisciente del romanzo di Ottiero Ottieri Tempi Stretti, in cui idee e contenuti emergono attraverso gli occhi degli stessi protagonisti, senza che intervengano prese di posizione esterne e soggettive.

Giovanni è la figura principale: un colletto bianco dalle idee socialiste che vive la fabbrica in una posizione intermedia tra padroni e proletariato, negli anni cui si hanno le prime battaglie sindacali e in cui il grande capitale comincia a prevalere sulle piccole e medie imprese. Traballante nei sentimenti, Giovanni seduce e conquista Emma facendone la sua amante; nel frattempo desidera e corteggia Teresa, donna sposata dell’alta società, che non gli si concede se non in fugaci e platonici incontri. Giovanni è fondamentalmente un intellettuale che elabora i propri pensieri in base alla realtà, senza ottusi pregiudizi e privo di vili servilismi, sospeso tra ciò che vede sopra e quel che osserva sotto. Emma è il personaggio più intenso. Soffre la fabbrica e i suoi automatismi che la portano a temere incidenti e a desiderare la morte. La relazione con Giovanni è l’unico sollievo della ragazza; ma l’amore mal corrisposto, diventa un ulteriore motivo di tormento. Anche Emma è una figura in evoluzione, soprattutto nell’incarnare un reale desiderio di emancipazione femminile che si concretizza al di fuori di logiche precostituite.

L’anziano operaio Paolo e il padrone Alessandri, sono i due lati di una stessa medaglia, di una concezione di fabbrica/azienda superata dai tempi.
Aldo è il giovane battagliero, Caterina una fidanzata fedele ma poco comprensiva delle lotte del suo compagno, non avendo mai provato sulla propria pelle la fatica del lavoro.
Attorno si muovono imprenditori ed operai, di vecchia e nuova e data, i primi tesi ad arricchirsi, i secondi a campare.

Ottieri descrive con lucidità e al di fuori di ogni retorica la vita nelle fabbriche, senza tragicità e parossismi, con un linguaggio neutrale che lascia molto spazio ai dialoghi e alle riflessioni dei protagonisti. Tanto gli ambienti borghesi, sprezzanti del mondo reale e circostante, quanto quelli proletari, umili e talvolta volgari, sono resi in maniera verosimile.
Raffinate le vedute sulla Milano di ieri che ci restituiscono una città lontana ma ancora viva, con i palazzi settecenteschi del centro e gli stabilimenti abbandonati alla periferia, dove le torride estati e gli inverni ghiacciati sono tra gli ultimi elementi naturali nelle vite di questi uomini-macchina che riescono a trasformare un agglomerato industriale in un focolare.

Uno spaccato su un’epoca che si sta concludendo, uno scorcio su un vissuto che probabilmentenon ci apparterrà più, ma che, oltre al gusto storico, permette di ragionare sulle strade percorse dall’economia e dal mondo del lavoro, offrendoci spunti di riflessione e comprensione  da proiettare sul nostro presente.

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Webmaster - Redattore Cinema

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