The Master

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The Master di Paul Thomas  Anderson, distribuito in Italia da Lucky Red, è stato presentato in concorso alla 69° Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia. I due protagonisti, Joaquin Phoenix e Philip Seymour Hoffman, hanno entrambi vinto la Coppa Volpi, mentre al regista è stato assegnato il Leone d’Argento.

The Master, di Paul Thomas Anderson, Usa 2012, 143′

Sceneggiatura e Soggetto: Paul Thomas Anderson

Montaggio:  Leslie Jones, Peter McNulty

Fotografia: Mihai Malaimare Jr.

Produttore: Paul Thomas Anderson, Megan Ellison, Daniel Lupi, JoAnne Sellar

Distribuzione: Lucky Red

Interpreti: Joaquin Phoenix (Freddie Quell), Philip Seymour Hoffman (Lancaster Dodd),  Amy Adams (Peggy Dodd), Ambyr Childers (Elizabeth Dodd), Jesse Plemons (Val Dodd),Rami Malek (Clark), Laura Dern (Helen Sullivan),Madisen Beaty (Doris Solstad),Lena Endre (Mrs. Solstad),Kevin J. O’Connor (Bill William), Amy Ferguson (Martha),Joshua Close (Wayne Gregory),Patty McCormack (Mildred Drummond)

Sono passati trent’anni da quando un giovane bambino con la passione per il cinema e le idee ben chiare in testa passava le giornate girando dei piccoli filmati. Quel bambino oggi è riconosciuto come uno dei talenti più straordinari del cinema americano: dopo la consacrazione avvenuta con Il Petroliere, Paul Thomas Anderson porta al cinema la sua ultima fatica.

Abbandonati i racconti corali di Magnolia e le atmosfere agro-dolci di Ubriaco d’Amore è stato proprio Il Petroliere a segnare una svolta importante nella carriera del giovane regista. Anderson ripropone quell’aura tragica e solenne del grande cinema americano senza lasciare indietro quelle atmosfere surreali ma tremendamente umane che hanno da sempre caratterizzato il suo modo di girare.

The Master prosegue questo discorso presentandoci la storia di Freddie Quell, un veterano della seconda guerra mondiale reinserito a forza nella società. Come la maggior parte dei personaggi dei film di Anderson troviamo la convivenza di una duplice personalità. Freddie è uno sbandato, alcolizzato, afflitto da disturbi sessuali e psichici che compromettono la sua vita sociale. Nascosta nella sua personalità troviamo una tenerezza quasi infantile che lo permea. Merito di un magistrale Joaquin Phoenix che lascia esterrefatti per sincerità e bravura. Una sorta di aurea bambinesca che trova la dimensione ideale nel confronto con Lancaster Dodd – ennesima lode per Philip Seymour Hoffman –, un filosofo teoretico, astronomo, scrittore e maestro di un culto che professa le qualità nascoste dell’uomo. Anderson sceglie di nuovo un aspetto asciutto e pacato per la sua opera. La fotografia cruda e un uso del sonoro minimalista – anche stavolta curata da Jonny Greenwood – conferiscono comunque un’aria surreale e sottilmente inquietante a tutta l’opera. Perfino la regia di Anderson si scopre più’ sobria – non mancano comunque alcuni piani sequenza da sempre marchio di fabbrica del suo cinema – affidando la costruzione dell’atmosfera ai lunghissimi dialoghi tra i due personaggi e lasciandogli il compito di sorreggere sulle loro doti attoriali tutto il climax della maggior parte delle scene.

Un’opera verbosa basata sul complesso rapporto tra i due. Da una parte il basso. L’animo di Freddie nel suo semplice modo d’essere fatto di istinto e animalità. Dall’altro l’alta figura dell’illuminato. L’uomo colto, padrone di se stesso, che grazie all’intelletto può arrivare a capire i segreti di questo mondo, e forse persino di altri lontani. Due insiemi che s’intersecano continuamente mettendosi alla prova e completandosi a vicenda. Un continuo difficile rapporto dialettico che convive e cresce nei suoi opposti permettendo a Lancaster di avere una sua musa ispiratrice per completare il suo libro e a Freddie di percorrere il difficile cammino che lo porterà a una vita sociale normale. Padre e figlio ma anche maestro e allievo. Padrone e schiavo. Per tutto il film il binomio muta continuamente tra i suoi molteplici significati e con esso cambiano i difficili rapporti fra i due protagonisti.

Ci troviamo di fronte a un’opera compatta, che ricalca il tono dell’opera precedente e che dimostra sicuramente una maggiore sicurezza da parte di Anderson nel saper dosare meglio l’intera struttura filmica. A qualcuno lascerà un senso di incompiutezza e estraniamento. Poco male se quello che resta è la sontuosa visione di un cinema forse fuori moda, ma dal sapore ancora decisamente attuale.

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