Il regista danese Ole Bornedal (Nightwatch – Il guardiano della notte), sotto l’ala protettrice e il marchio di fabbrica di Sam Raimi (La Casa, Spider Man), crea un horror che scava nelle paure primordiali dell’uomo e che si inserisce a pieno titolo nel filone dei film che rappresentano la possessione demoniaca e l’esorcismo.
The Possession, 92′, Usa 2012
Link al Trailer uscita prevista nei cinema italiani: 25 ottobre
Regia: Ole Bornedal
Sceneggiatura: Juliet Snowden, Stiles White
Produzione: Sam Raimi, Robert Tapert
Casa di produzione: Lionsgate e Ghost House Pictures
Cast: Jeffrey Dean Morgan (Clyde), Kyra Sedgwick (Stephanie), Madison Davenport (Hannah), Natasha Calis (Emily)
Clyde e Stephanie, appena divorziati, hanno due bambine: Hannah e Emily. Emily è sempre stata una bambina tranquilla, solare e affettuosa; il suo comportamento, tuttavia, comincia a diventare strano e inspiegabilmente violento dopo essere entrata in possesso di una scatola di legno acquistata ad un mercatino di quartiere. Se inizialmente i suoi genitori non si preoccupano di questo improvviso cambiamento, credendolo frutto della loro recente separazione, in seguito a determinati eventi sono costretti a porsi delle domande, fino a giungere alla conclusione che una forza maligna si sia impossessata della bambina, insediandosi tra loro. Conducendo delle indagini, Clyde scopre che la scatola di Emily era stata costruita per contenere un Dibbuk. Secondo le antiche storie del folklore ebraico, il Dibbuk era uno degli spiriti malvagi che, vagando nel limbo, sopravvivevano unendosi agli esseri umani e, progressivamente, incarnandosi in essi.
La vicenda è ispirata a una storia vera, dal reale annuncio apparso su E–bay in cui si metteva in vendita una scatola di legno, forse contenente un Dibbuk, che aveva tormentato tutti i suoi proprietari. Il film si apre infatti sulla donna, vecchia proprietaria della scatola, che tenta forse di liberarsene: non solo il suo tentativo fallisce miseramente, ma decreta la sua morte – anticipata dalla caduta dei capelli – in una serie di spasmi convulsi e rantoli agghiaccianti.
The Possession non è molto diverso dai numerosi film del “cinema esorcistico”, nutrito filone del cinema horror, poiché gli ingredienti tipici ci sono tutti: l’inquietudine prima della conferma della possessione, i comportamenti violenti e psicotici dell’indemoniata di turno, l’atto dell’esorcismo vero e proprio accompagnato da urla malefiche, occhi strabuzzati e fughe nel buio. Addirittura Clyde urla più volte un “Prendi me!” che non può non rimandare al capolavoro di Friedkin e alle identiche parole pronunciate da padre Damien Karras; allo stesso modo, la scena della piccola Emily impegnata a mangiare carne cruda davanti alla sua – basita e terrorizzata – madre, riporta alla mente l’Emily Rose dell’omonimo film del 2005 ripresa durante una sana scorpacciata di insetti. La punta di novità è la connotazione ebraica del rito: non si tratta del solito sacerdote che indossa la stola viola benedetta, armato di libro di preghiere e boccetta d’acqua santa, ma di Tzadok, il figlio di un rabbino che mette in scena un esorcismo alternativo, movimentato, ritmico e urlato in stato quasi catatonico.
Il film di Bornedal è ben costruito su giochi di luce e ombra, sul ricordo di musiche inquietantemente appropriate e sull’alternanza di momenti di vita famigliare e momenti di terrore. La carta più efficace del film è l’orrore sotterraneo, che viene soltanto suggerito e non esplicitamente mostrato, che sfrutta le atmosfere per spaventare piuttosto che veri e propri stratagemmi che hanno come risultato l’urlo facile.
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