Artista: Avish Khebrehzadeh Titolo: Time Past Hath Been Long Curatore: Claudia Gioia Luogo: Fondazione VOLUME!, Via S. Francesco di Sales 86/88 13 aprile – 27 maggio 2016
Fino al 27 maggio gli spazi della Fondazione VOLUME! saranno trasformati dalle delicate creazioni dell’artista iraniana Avish Khebrehzadeh – nata a Teheran, formatasi a Roma, residente attualmente a Washington –, che per l’occasione ha deciso di esporre un’animazione video e alcuni disegni, a compimento di una ricerca artistica iniziata vent’anni fa. Le opere in mostra s’ispirano al trattato “Descrizioni delle stelle fisse” dell’astronomo persiano Abd al-Rahmān al-Sūfi (903-986): una complessa ricerca in accordo con gli studi astronomici sviluppati in età classica, corredata da illustrazioni descrittive delle costellazioni, con tanto di riferimento alla loro posizione e colore. Come raccontato dall’artista durante l’intervista con la curatrice Claudia Gioia: «Nella rielaborazione dei miei vecchi disegni ho utilizzato le costellazioni come una forma di puzzle del pensiero che potesse aiutarci a collegare i vari punti e a semplificare i sentimenti complessi. In un certo senso gli astronomi utilizzavano le costellazioni e gli attribuivano forme umane ed animali nel tentativo di spiegare e dare forme umane tangibili ad un’immensità sconosciuta – il cielo stellato!»
Avish Khebrehzadeh parte dunque da questo manoscritto per rielaborare quelle immagini antiche tessendole all’interno di una poetica connessa al concetto di Tempo in sant’Agostino. Il titolo della mostra, “Time Past Hath Been Long”, è infatti una diretta citazione dal capitolo XV de “Le Confessioni” in cui il teologo e filosofo Agostino ragiona sull’idea di passato. Non esiste un tempo passato concluso e distante dall’oggi, né un futuro distaccato dal presente in cui viviamo: è tutto un unico concatenarsi di eventi, azioni e sentimenti che scorrono dal passato al futuro, da ciò che fu ieri a ciò che sarà domani, incessantemente, dando sostanza ai nostri giorni, anno dopo anno. L’essere delle cose affonda le radici nel passato e il proprio divenire nel futuro. Da questo assunto si dipana la ricerca artistica di Avish Khebrehzadeh condensata per immagini ancestrali, in cui le stelle sono ispirazione e materia dei suoi lavori. «Ogni stella o costellazione è in grado di mostrarci il passato dal momento che la loro luce impiega milioni di anni per arrivare fino a noi» – spiega l’artista a Claudia Gioia. Così gli astri – concettualmente e artisticamente – divengono esemplificazione di un passato che è ancora visibile, e dunque presente, e al contempo segni fondativi di un linguaggio intimo e delicato per raccontare l’immensità di cui tutti facciamo parte. La narrazione diviene allora per Avish Khebrehzadeh parte fondamentale del suo lavoro: solamente attraverso il racconto – in questo caso per immagini – è possibile dare senso alla nostra personale esperienza e condividerla con la collettività. In quest’ottica non c’è un materiale o mezzo espressivo più rilevante di altri: ecco allora che i disegni e l’animazione video realizzati dall’artista sono entrambi medium per esprimere al meglio l’elemento narrativo attraverso linguaggi funzionali. Entrando negli spazi di VOLUME!, nella prima sala espositiva troviamo sei grandi disegni di costellazioni, in cui i puntini dorati disseminati qua e là lungo la superficie cartacea marcano il perimetro stellare dei diversi soggetti (Andromeda; Pegasus; Aquarius; Taurus; Gemini), facendoci subito immergere in una magica atmosfera cosmica tinta di ocra, beige e oro. In forma umana o animale, le figure morbidamente disegnate e appena schizzate nelle loro linee fondamentali, sembrano essere fatte di polvere di stelle. Tanti giganti buoni che ci osservano con i loro minuscoli occhi e ci spingono ad avventurarci in un mondo etereo capace di dialogare in maniera intima e silenziosa.
Tra questi curiosi personaggi disegnati che affollano la sala d’ingresso troviamo anche Pegaso, il cavallo dalle mitiche origini che alla fine della sua vita animale, arrivato in volo in alto nel cielo, si trasforma in una nube di stelle scintillanti assumendo le sembianze dell’omonima costellazione. La sua metamorfosi da essere vivente terreno ad astri luminosi lo porta ad assumere la valenza di tramite tra cielo e terra, in un continuum vitale eterno. Se inizialmente ci imbattiamo nel Pegaso celeste, entrando nella seconda sala espositiva incontriamo un’intera mandria di cavalli al galoppo che corre lungo il perimetro dello spazio dando un senso di movimento circolare al luogo. È l’installazione video di Avish Khebrehzadeh, in cui l’oscurità della stanza fa risaltare ancora di più gli erranti cavalli dal manto bianco dei quali si avverte forte lo scalpitio e il rumore degli zoccoli a terra, cadenzato da un suono simile a un gong che dà il ritmo all’incessante cavalcata. Un moto perpetuo di cui non si conosce né l’origine né la fine, esattamente come il Tempo nell’accezione agostiniana presa in considerazione da Avish Khebrehzadeh. I cavalli però corrono in direzione della luna – proiettata su una piccola porzione di parete all’interno della stessa sala – colta nell’atto di ruotare su se stessa. Se allora è “ancestralmente” vero che il cavallo funge da elemento tramite fra il cielo e la terra, nel momento in cui ci troviamo metaforicamente travolti dalla mandria in corsa, entriamo anche noi in una dimensione di sospensione sia spaziale sia temporale, volutamente ricreata dall’artista. Avish Khebrehzadeh ci invita a un viaggio attraverso le sue opere così delicate e insieme tanto intense. Con medium differenti ma ugualmente efficaci, l’artista ci racconta quanto l’uomo da sempre sia alla ricerca di risposte: sull’immensità del cosmo e sulla vastità interiore racchiusa nell’essere umano; sul fluire del Tempo del mondo e sullo scorrere del Tempo interiore, fatto di attimi, ricordi, sentimenti che si sommano negli anni e che lentamente costruiscono la nostra esistenza, come tanti tasselli di un puzzle, come puntini dorati che insieme disegnano costellazioni. L’infinitezza del cielo, delle stelle, e l’appartenenza alla terra si fondono insieme nell’essere umano, in un’eterna aspirazione a divenire parte dell’immensità, di qualcosa che va oltre il tempo e lo spazio conosciuto.