Toni Servillo: Le voci di dentro

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In veste di regista Toni Servillo si dedica ancora una volta all’opera di Eduardo De Filippo. La stagione del Teatro Argentina lo fa protagonista del mese di maggio: Le voci di dentro occupa il palcoscenico del teatro romano dal 7 maggio al 2 giugno. La commedia, alternando riso e amaro, propone il tema della perdita di fiducia e della conflittualità tra gli esseri umani, forse oggi ancor più attuale che cinquant’anni fa.

Le voci di dentro

di: Eduardo De Filippo

regia: Toni Servillo

con: Betti Pedrazzi, Chiara Baffi, Marcello Romolo, Lucia Mandarini, Gigio Morra, Peppe Servillo, Toni Servillo, Antonello Cossia, Vincenzo Nemolato, Marianna Robustelli, Daghi Rondanini, Rocco Giordano, Mariangela Robustelli, Francesco Paglino

scene: Lino Fiorito

costumi: Ortensia De Francesco

luci: Cesare Accetta

suono: Daghi Rondanini

aiuto regia: Costanza Boccardi

Dal 7 maggio al 2 giugno 2013 – Teatro Argentina, Roma.

 

Conclusa la tournée della Trilogia della Villeggiatura di Carlo Goldoni, Toni Servillo torna a lavorare sul teatro napoletano e in particolare sull’opera di Eduardo De Filippo, portando in scena Le voci di dentro. Toni Servillo, in qualità di regista e attore, sembra voler riprodurre quella che afferma spesso essere la più grande qualità del teatro di Eduardo, ovvero la sua popolarità. L’orizzontalità – come Servillo stesso la chiama – con cui nella figura di De Filippo si sono congiunti i ruoli di drammaturgo-regista-attore lo rendono una figura mediana che si stanzia tra il palcoscenico e la platea,  un coacervo tra uomo di teatro e personaggio, tra la realtà e la finzione teatrale.

E questo è anche l’effetto della ribalta allungata fino alle prime file della platea o degli attori che si spingono verso il pubblico fino a sfiorare la quarta parete: sono piccole provocazioni che il Servillo-regista indirizza allo spettatore, facendolo parte della massa dei personaggi caduti vittime dell’abitudine alla meschinità e che, inconsapevoli, ne vengono risucchiati, creando conflitti, lanciando accuse, in una frenetica ed evoluzionistica salvaguardia della propria persona.

Su questa tendenza alla conflittualità mantengono un occhio vigile solo coloro – il protagonista Alberto Saporito, interpretato da Toni Servillo, e la cameriera Maria, Chiara Baffi – che vengono momentaneamente risvegliati da una voce interiore, appunto, che si manifesta per mezzo di sogni particolarmente realistici, e che li richiama alla lucidità sulla condizione umana in declino. «Il meccanismo del sogno incide direttamente sul vissuto, sull’aspetto esistenziale, umano, del personaggio che viene raccontato» spiega Servillo. Alberto Saporito e la sua denuncia si rivolgono, oggi ancor di più del 1948, anno in cui fu scritto il testo, ad un pubblico, ad un popolo, che ha inglobato nel concetto di normalità follie e mostruosità che a partire dalla guerra mondiale hanno infestato il quotidiano.

Un completo stato di lucidità è mantenuto solo dal personaggio dello zi’ Nicola, detto Sparavierzi, che constatando la mostruosità della contemporaneità, sceglie il silenzio, come forma di astensione dalla socialità corrotta. L’afasia come forma di ribellione, che sarà interrotta, picco di ironia tragica, solo quando, prima di morire, a gran voce implorerà il silenzio.

Ma come, in un senso, la contaminazione della realtà con l’irrealtà, comporta il grottesco di una conflittualità ai limiti con la follia subordinando a sé legami e addirittura l’intimità familiare, dall’altro è in virtù di quella stessa trasparenza che i destabilizzanti ammonimenti della dimensione onirica influiscono sullo stato di veglia, in modo da lasciare almeno la speranza che, anche se catturato dal meccanismo di una quotidianità sempre più in declino, l’uomo riesca a dare ascolto alle voci di dentro.

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Redazione

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