Nobi (Fires on the plain), di Shinya Tsukamoto, Giappone 2014, 87’
Cast: Shinya Tsukamoto, Yusu Mori, Yuko Nakamura, Tatsuya Nakamura, Lily FrankyIn concorso alla 71° Mostra d’Arte Cinematografica Internazionale di Venezia
Shinya Tsukamoto non dirige. In ogni sua opera il Maestro giapponese sublima immagini e sensazioni tentando di sfondare la barriera dell’eterno ritorno nel cinema.
Tsukamoto in più di trent’anni di attività ha confezionato pietre miliari come Bullet Ballet, Snake of June, e la Trilogia tecno-umanoide-digitale Tetsuo. Il tema bellico non era stato ancora analizzato dal regista nipponico.
La pellicola è tratta dal romanzo di Shôhei Ooka La strana guerra del soldato Tamura, ed è un remake dell’omonimo film del 1959 di Kon Ichikawa, uno tra i maggiori cineasti giapponesi di tutti i tempi.
Su un’isola delle Filippine, un manipolo di soldati giapponesi tenta di sopravvivere tra atroci sofferenze e stenti alla scarsità di cibo, alla fatica e ai guerriglieri filippini che non concedono tregua. Siamo nel 1945, anche se i film del Maestro giapponese abituano a considerare il tempo (storico) più come una qualità accidentale che una qualità sostanziale.
Tsukamoto rende la temporalità fluida, poiché nel richiamo punk/cibernetico la sua poetica diviene portatrice di una dialettica composta da fortissima densità espressiva e immediata dispersione artistica. Cyberpunk appunto.
Mai troppo leggibile e sempre scarsamente prevedibile, Shinya Tsukamoto è un abitatore del territorio sottocutaneo del cinema. Postmoderno, surrealista, futurista, (s)fugge da ogni definizione o determinazione. Ha dichiarato di essere stato in un certo qual modo influenzato dal cinema di David Cronenberg, ma il regista affascinato dai pali elettrici della stazione di Shinjuku, che furono la principale fonte d’ispirazione dell’umanoide cybernizzato Tetsuo, non prevede manierismi o congetture freudiane.
Nobi è il tentativo di narrare nel modo più intimistico possibile il deserto interiore di fronte alla guerra. Il soldato Tamura siamo noi, asfissiati e narcotizzati cannibali, nella giungla del nostro rarefatto post-presente. Eppure in quel grado zero del genere umano aleggia un socchiuso bagliore di vita: estremo e potente.
Harakiri negli occhi degli spettatori. Mentre si comincia a seguire un percorso interpretativo appaiono i titoli di coda. Ecco il cinema di Tsukamoto.