Lo spettacolo inizia già nell’affollato foyer del multisala off dell’Orologio, mentre si fa il biglietto, se non addirittura per strada, dinanzi all’ingresso: gli attori, sol di nero vestiti, si rivolgono alle persone in coda o ai passanti ripetendo delle frasi fatte o delle frasi-slogan da talk-show: un antipasto del tema, quello dell’essere-apparire, sviscerato poi in sala.
L’interessante occasio (che strizza l’occhio, tra gli altri, a Camus), per affrontare una questione mai tanto attuale come oggi, è quella di una cittadina posta in quarantena per isolare il focolaio di una non meglio precisata epidemia. La città, però, non è soltanto isolata, ma anche sorvegliata, spiata, come il set di un gigantesco Grande Fratello, da migliaia di telecamere.
In questa cornice si muovono i personaggi, più o meno consapevoli del muto sguardo degli obiettivi, e le loro storie, destinate a concludersi con una ribellione (per altro non unanime) a quello stato di cose e alla fuga dalla città. Ribellione che è non solo fisica ma, pare chiarissimo, anche spirituale.
Se fino ad allora tutti, nessuno escluso, avevano vissuto con indosso una maschera trasparente (maschera che è elemento ricorrente ma mai banalmente usato nel teatro di Roberta Costantini), alla fine, ascoltate le storie di tutti, la maggior parte dei cittadini se ne libera, riconoscendosi per quello che sono: delle persone e non dei personaggi.
Dalle varie scene, volutamente scollegate tra loro, quasi si passasse da una “camera” all’altra, possono trarsi diversi spunti interessanti, ma lo spettacolo dà il meglio nei passaggi di gruppo. Gli attori sono ben affiatati e si vede, e, proprio in quelle occasioni, con delle semplici coreografie e immagini a effetto si esalta l’estetica della regista in un turbinare di nero, rosso e bianco, gli unici tre colori presenti in scena.
Possono restare dei dubbi sull’ottimismo mostrato dalla Costantini nell’epilogo ma, insieme a essi, lo porta a casa con sé anche spunti di riflessione non da poco.
GENTE DI PLASTICA
scritto e diretto da Roberta Costantini
disegno luci, audio, consulenza musicale Marco Marino
con Benedetto Supino, Gianluca Paolisso, Giuliana Iannotta, Janos Agresti, Marco Marino, Nino Pagliuca, Raffaele Fumo, Roberto Costantini, Rosanna Bosso, Soledad Agresti, Veruschka Cossuto
costumi Andrej Vrhovnik
dal 7 al 12 febbraio 2012, ore 21.00 (domenica ore 18.00)
Teatro dell’Orologio – sala Orfeo – Roma