Twilight Portrait – Cineporto2012

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Sabato 1 Dicembre, in occasione del Festival Cineporto 2012, presso la Casa del Cinema di Roma è stato proiettato Twilight Portrait, ritratto sociale di una Russia tormentata nonchè vicenda ambigua e passionale. 

Twilight Portrait, di A. Nikonova, 105′, Russia 2011

Sceneggiatura: Angelina Nikonova, Olga Dihovichnaya

Fotografia: Eben Bull

Suono: Oleg Fedikhin

Produzione: Leonid Ogaryov, Angelina Nikonova, Olga Dihovichnaya

Interpreti: Olga Dihovichnaya, Sergei Borisov, Roman Merinov, Sergeu Goludov

Un film estasiante, di quelli che colpiscono davvero. Marina è una giovane yuppie di una non specificata città russa, in cui ogni parola è accompagnata dal tipico sbuffo di freddo. In una gelida serata, cercando di chiamare un taxi, viene violentata da un poliziotto mentre i suoi colleghi stanno a guardare. Non è la prima volta che lo fanno e l’impunità della loro divisa sembra assoluta. Marina tenta di andare avanti, ma l’incubo della violenza le distrugge l’esistenza. Tutto diventa una battaglia e chiunque un nemico. Poi una sera, in un ristorante, rivede uno dei poliziotti che aveva assistito alla violenza. Afferra una bottiglia e lo segue fin sotto casa, entra con lui in ascensore e siamo certi lo ucciderà, ma non lo fa. La sera dopo lo aspetta di nuovo e senza dirsi molto diventano amanti. Marina racconta al marito che andrà a trovare la madre ma in realtà va a stare dal carnefice divenendo la sua donna. Lui la tratta come un oggetto di poco valore e lei risponde facendogli trovare la cena pronta quando torna dal lavoro ed accudendo il nonno. Ogni notte crediamo che si vendicherà, ma pian piano nasce un rapporto incomprensibile, in cui lei si rende del tutto geisha. E mentre l’uomo rifiuta con violenza i gesti di affetto che lei gli riserva, Marina resta vittima della sua stessa vendetta.

La preda che ha subìto sta ora muovendo le pedine e questo gioco le prende la mano. Tra i due si innesca un equilibrio fatto dello squallido appartamento di Andreji e della sua famiglia disgraziata, una realtà che non giustifica le violenze compiute ma che porta Marina ad una fulminante sindrome di Stoccolma. Spesso Andreji si ritrova ad osservarla in silenzio, freddo ma sbalordito, fuggendo da un affetto che non ha mai conosciuto. Quando il gioco finisce, Marina va all’aereoporto dove suo marito andrà a prenderla; Andreji la accompagna e rimane in macchina a guardarla. I minuti passano, lei si nasconde per non farsi trovare. Andreji non le stacca gli occhi di dosso.

Al crepuscolo il piazzale dell’aereoporto è deserto, suo marito se n’è andato e Marina inizia a camminare verso la strada. Andreji scende dall’auto lasciando sul sedile pistola e giacca della divisa. E’ il segno della resa. Il film si chiude sulla meravigliosa immagine della donna che cammina trascinando il trolley ed Andreji che, senza farsi notare, la segue da lontano, senza perdere il suo sguardo duro che però stavolta non mostra intenzione di farle del male. Entrambi sono rimasti succubi degli eventi. Non abbiamo mai saputo cosa voleva fare Marina eppure alla fine sceglie di non farsi trovare. Andreji le va dietro, si è innamorato e lei ha vinto. O forse si sono innamorati entrambi. Lui redento e lei rigenerata a seguito della violenza. Li vediamo allontanarsi all’orizzonte, non sappiamo cosa sarà di loro ma quel mite inseguimento porterà certamente ad un incontro. Potremmo augurarci una vendetta, o un amore disperato come nei migliori finali, di certo restiamo meravigliati dalla poetica crudezza di questo film ermetico, domandandoci perché il cinema non sforni più spesso prodotti simili.

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Redazione

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