Titolo: Ultimo Tango a Parigi
Regia: Bernardo Bertolucci
Interpreti: Marlon Brando, Maria Schneider, Jean-Pierre Léaud
Durata: 136′
Paese: 1972, Italia/Francia
Uscita al cinema in Italia: 16 dicembre 1972
Siamo sul Pont de Bir-Hakeim a Parigi e la macchina da presa plana su Paul (Marlon Brando), un uomo maturo e depresso che, con il suo cappotto cammello e i capelli arruffati, mostra tutto il suo oscuro male di vivere. Poi c’è Jeanne (Maria Schneider), una giovanissima donna, scoppiettante di vita e sofisticata che fugge dal corteggiamento di uno spiantato regista. Sullo sfondo una Parigi molto meno romantica di come appare tipicamente sui “manifesti pop”. I due protagonisti si incontrano casualmente in un appartamento disabitato ed è qui che si abbandonano in un travolgente e impetuoso amour fou. Eludendo ogni logica conformista, in Ultimo Tango a Parigi, Bertolucci pone al centro della narrazione i corpi e l’anima dei protagonisti che, proprio come un appartamento vuoto e disabitato, non hanno un’identità, sono solo due persone che non hanno bisogno di un nome, devono semplicemente essere. “Niente nomi, niente identità, niente storie, qui dentro” dice Paul a Jeanne. “Posso amarti e desiderarti solo se non so nulla di te”, aggiunge. La sessualità, consumata in maniera così travolgente grazie all’elemento dell’anonimato, è vissuta come una contrattazione del male di vivere (soprattutto per Paul) e come ribellione nei confronti delle convenzioni borghesi di quel tempo che volevano le coppie sposate e felici “a gioventù pop, un matrimonio pop”, come sui “cartelloni pubblicitari”. “E l’amore? Anche l’amore è pop?”. In un mondo che plasma gli individui e la loro personalità, l’amore è ancora un sentimento puro, genuino, vero? Una storia di Eros che si trasforma in Thanatos quando, sul finale, ci si scontra con la realtà e Paul rivela la propria identità e la propria storia e si trasforma da vagabondo senza nome e senza patria in un borghese, vestito in maniera elegante, con una precisa posizione nel mondo come elemento per rendersi autorevole agli occhi di Jeanne che, invece, è spaventata dal suo modo di essere al di fuori delle quattro mura familiari. Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci, a cinquant’anni dalla sua uscita in Italia, fa riflettere ancora sui motivi per cui fu condannato al rogo dalla Corte di Cassazione, nonché sulla condanna alla privazione di tutti i diritti civili per cinque anni nei confronti del regista. “Esasperato pansessualismo fine a sé stesso” era l’accusa. Oscenità, nudità, sesso. Questi i motivi per cui, fino al 1987, anno in cui la sentenza è stata annullata, il film è stato censurato. Ma quali sono gli elementi che destano scandalo nel film? Bertolucci critica apertamente le istituzioni di quel tempo con l’invettiva contro “quella santa istituzione inventata per educare i selvaggi alla virtù”, la “santa famiglia” intesa come “sacrario di buoni cittadini, dove i bambini sono torturati finché non dicono la prima bugia, dove la volontà è spezzata dalla repressione, la libertà è assassinata dall’egoismo”. L’invettiva contro la famiglia era già da tempo rappresentata sul grande schermo (si pensi a Bellocchio nel 1965 nel film I pugni in tasca), ma Bertolucci sfida il rigore morale e cattolico, facendo recitare tali parole a Brando nel momento della sodomizzazione con il burro. La sensualità e l’intensità struggente della storia sono rese possibili anche grazie alla magnifica fotografia di Vittorio Storaro e dalla musica jazz di Gato Barbieri.