Deborah si sveglia in un letto di ospedale . E’ il risveglio da un lungo sonno nel quale un giorno, all’improvviso, sono precipitati il suo corpo e la sua mente: un sonno che ha congelato la sua vita.
Harold Pinter prende spunto dal romanzo di Oliver Sacks Risvegli (1987), da cui è stato tratto anche l’omonimo film (1990) diretto da Penny Marshall, per raccontare una terribile malattia, dal punto di vista di chi l’ha vissuta. E’ l’encefalite letargica che, tra il 1917 e il 1920, si diffuse dapprima in Europa e, in seguito, nel resto del mondo, con sintomi quali paralisi e morbo di Parkinson, ma caratterizzata principalmente da ipersonno. L’ L-DOPA, un farmaco sperimentale, illuse i medici di poter sconfiggere la malattia, ma si rivelò purtroppo una soluzione di breve efficacia e durata.
La protagonista ha appena subìto l’iniezione. Giovanni Magnarelli che cura la regia dell’opera di Pinter, restando quasi totalmente fedele al testo, usa una riuscita fusione tra teatro e radiodramma.
In scena c’è solo Deborah, interpretata dalla bravissima Francesca Villa. Degli altri personaggi si sente solo la voce. Attraverso i dialoghi con il dottore e con la sorella, la giovane lentamente prende coscienza di ciò che le è capitato, del tempo perduto.
La scelta registica è efficace: si è completamente risucchiati nel dramma della protagonista, nel suo smarrimento, nella sua rabbia, nella sua ansia. Allo stesso tempo, si è travolti dalla sua paura di sapere e scoprire tutto ciò che non ha vissuto.
Il piccolo spazio della messa in scena è intimo e facilita l’empatia: la vicinanza fisica con l’attrice crea un canale anche emotivo. Ci si trova a cercare di immaginare la propria reazione in una situazione del genere. L’effetto è forte e dà quasi una sensazione di soffocamento quando, a tratti, la protagonista prende realmente coscienza del proprio dramma e il respiro diventa corto e affannato.
La scena è nera come il buio che l’ha avvolta per ventinove anni. Lei è pallida e bianchissima come la sua camicia da notte. I suoi soli movimenti sono caratterizzati da passi all’indietro, come a raggiungere la sua mente nell’attimo in cui è precipitata in una specie di Alaska.
UNA SPECIE DI ALASKA
Di Harold Pinter
Regia Giovanni Magnarelli
Con Francesca Villa
17 e 18 marzo 2012
Teatroavista – Roma