Un sapore di ruggine e ossa, il nuovo film di Jacques Audiard con Marion Cotillard, sarà in sala dal 4 ottobre. Il film è stato presentato in concorso alla 65° edizione del Festival di Cannes.
De rouille et d’os, Francia 2012,
Durata 120′,
Regia Jacques Audiard,
Sceneggiatura Jacques Audiard, Thomas Bidegain,
Soggetto Craig Davidson,
Interpreti Marion Cotillard (Stéphanie), Matthias Schoenaerts (Ali), Armand Verdure (Sam), Celine Sallette (Louise), Corinne Masiero (Anna), Bouli Lanners (Martial), Jean-Michel Correia (Richard).
Il nuovo film di Jacques Audiard si ispira alla raccolta di racconti Ruggine e Ossa di Craig Davidson: «Mi piace la scrittura di Craig Davidson. Le sue storie parlano dell’oggi, della crisi, di un mondo selvaggio e barbaro in cui le persone stanno male, lottano disperatamente e si ritrovano a vendere l’unica cosa di cui nessuno le può privare, e cioè il corpo. Mi ha affascinato l’umanità vacillante che viene descritta in Ruggine e ossa e ho avvertito l’esigenza di esplorarla in un film».
Tutto ha inizio nella Francia settentrionale: Ali si ritrova solo con Sam, un bambino di 5 anni. Nonostante sia suo figlio, lo conosce appena. I due vagano senza fissa dimora; non possiedono denaro, né amici. Ali decide di chiedere aiuto e ospitalità a sua sorella, che vive nel Sud della Francia; Anna accetta, anche se con riluttanza. Da quel momento la situazione sembra migliorare: Ali riesce a trovare un lavoro come buttafuori in una discoteca, e in seguito come guardia di sicurezza notturna. Durante una rissa, Ali incontra Stéphanie, una donna che addestra orche in un parco acquatico. È completamente diversa da lui: è bella e sicura di sé. Lui la riaccompagna a casa e le lascia il suo numero di telefono. Ma i due non hanno niente in comune: le loro strade si incroceranno di nuovo solo in seguito al tragico incidente che costringerà Stéphanie su una sedia a rotelle.
Ali e Stéphanie non esistono nei racconti di Davidson; la brutalità della narrazione è restituita da una forma cinematografia che il regista chiama espressionista, in mancanza di una definizione migliore. Ma lo stile cupo a cui eravamo abituati, viene qui sostituito da un’insistenza quasi feticista sul corpo mutilato di Marion Cotillard. L’estetica del film si configura come bestiale: il protagonista gode di un discreto spirito di adattamento, che però sembra derivare da una natura animalesca più che umana. L’indifferenza lo accompagna in ogni relazione interpersonale; l’unico istante che sembra smuovere in lui un’espressione di sentimento è il rischio di veder morire il piccolo Sam. L’acutissimo antieroe di Il profeta – film rivelazione del 2009, che ha vinto il Grand Prix Speciale della Giuria al 62° Festival di Cannes ed è stato candidato all’Oscar come miglior film straniero -, viene rimpiazzato da una corazza di muscoli, vano involucro cui l’intera esistenza sembra scivolare addosso; un uomo che fa della sua stessa vacuità uno strumento per vincere la catastrofe economica e sociale che lo circonda.
Maggiore lo spessore del personaggio interpretato da Marion Cotillard, Stéphanie: caratterizzata da sfrontatezza e noncuranza, dopo l’incidente ritroverà una dimensione umana più partecipe, meno distaccata. I nuovi antieroi di Audiard sono personaggi che vivono ai margini del sentire umano, più che della società; ignorano l’intera gamma dei sentimenti di affezione, per riscoprirli solo in seguito a traumi sconvolgenti.
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