Una dolce vita? Dal liberty al design italiano. 1900 – 1940 a cura di Guy Cogeval e Beatrice Avanzi con Irene de Guttry e Maria Paola Maino @ Palazzo delle Esposizioni, fino al 17 Gennaio 2016
Una delle mostre ospitate in questo periodo dal Palazzo delle Esposizioni è Una dolce vita? Dal liberty al design italiano. 1900-1940. A cura di Guy Cogival e Beatrice Avanzi, si tratta di una delle esposizioni portate da Parigi a Roma – come oramai è pratica consueta – questa volta dal Musée d’Orsay, dove è stata ospitata da aprile fino a settembre. Dedicata allo sviluppo dell’arredamento di interni nella penisola italiana nella prima metà del Novecento, Una dolce vita? si colloca fra influenze estere, reminiscenze e originalità nostrane. Il percorso passa attraverso 5 periodi fondamentali: il periodo liberty e l’art nouveau, il futurismo, la metafisica ed infine il ritorno al classicismo e il contemporaneo razionalismo.
Le sale dedicate al art déco sono le più ricche. Troviamo dei pezzi di Federico Tesio, una Scrivania e Poltrona (1898) disegnate per la sua villa a Dormelletto Ticino. Qui, negli interni Tesio coniuga le influenze asiatiche con l’Art Nouveau europea, di cui dà una versione propria e originalissima. Si prosegue con l’eleganza dei lavori di Carlo Bugatti, del quale è esposta, fra le altre opere, una Sedia del 1904, interamente foderata di pergamena allo stesso modo del gruppo di mobili per una “sala da gioco” di cui fa parte: le linee si avvolgono le una sulle altre a riprendere il motivo della spirale, che orchestra l’intero salotto.
Apre le sale dedicate al futurismo la Camera da pranzo dalla casa di Giacomo Balla, arredata con mobili in legno costruiti dallo stesso artista, che vennero utilizzati dalla famiglia fino alla sua morte nel 1958. Sono mobili alquanto provati perché vennero disegnati non guardando alla durata ma all’immediata funzionalità, nel rispetto degli ideali futuristi. Ci sono poi le ceramiche di Tullio D’Albisola, il quale, a capo dell’azienda di famiglia, crea la Brocca (1929-30) e le tazze dalle linee dinamiche, spigolose, che portano con sé tutta l’esaltazione per i valori futuristi di velocità e modernità.
Della sezione dedicata alla Metafisica, colpisce più di tutto il quadro di Giorgio De Chirico Mobili nella valle del 1927, nel quale emerge l’importanza della cultura mediterranea e classica nella produzione de più noto dei metafisici. Gli elementi d’arredo – poltrone e armadi – sono isolate all’interno di un paesaggio brullo, quello di una valle greca, all’orizzonte un tempio.
Una dolce vita? termina con il design a cavallo degli anni 30 e 40. Marcello Piacentini, architetto che molto produsse per conto del Duce, nel 1932 progetta interni ed esterni di “Villa quota 110” a Roma. La sua Sedia per la Sala da pranzo, in alluminio leggerissimo, si colloca fra ordine classico e funzionalismo. Infine, non si può non parlare di Luminator (1949), la lampada da terra disegnata da Luciano Baldessari, architetto e scenografo suggestionato da futurismo ed espressionismo tedesco. Luminator viene prodotta ancora oggi e rappresenta uno dei primi tentativi italiani di realizzare, nell’arredo d’interni, sculture di luce.
Insomma, Una dolce vita? è una mostra interessante perché permette di avvicinarsi al savoir-faire italiano nell’ambito del design, spesso trascurato. La sapienza nostrana non si limita alle arti tradizionali ma combina abilità manifatturiera con tradizione e innovazione culturali che faticano a trovare pari. Per questo Una dolce vita? è consigliata: semplice da comprendere per il pubblico e ben curata, restituisce pezzi di storia italiana tramite la fascinazione di oggetti d’uso quotidiano.