L’amore disperso in un vortice di equivoci e fraintendimenti
Uno per tre non è un passaggio della tabellina dell’uno né, tantomeno, lo slogan di un’offerta promozionale al supermercato, ma una formula – un po’ troppo semplicistica, per la verità – che riassume la complessa macchinazione di tre donne alla ricerca di una stabilità emotiva e sociale. L’anomalia di base è che di uomo ce n’è uno solo, per mostrare lo squilibrio dei rapporti di coppia d’oggigiorno. E’ lui il deus ex machina, inconsapevolmente chiamato a risolvere i drammi esistenziali delle agguerrite amiche e complici. Il suo ruolo, però, perde ogni caratteristica divina, per acquisire i banali tratti dell’uomo-oggetto alle prese con le stesse identiche battaglie di un femminismo sessantottino ormai sepolto.
L’impostazione della performance risveglia reminiscenze da commedie dell’arte: ogni personaggio è una macchietta che agisce sulla base dell’inganno e del qui pro quo, con l’immancabile chiarimento finale.
Eva è un’attrice di successo che si concede a partner diversi con la stessa velocità con cui una donna vanitosa cambia abito, del resto altra sua abitudine. I rigidi limiti del rapporto sono fissati da un patto anti-complicazioni basato sulla regola del solo sesso e basta. Rebecca è una femme fatale fredda e distaccata, che confessa di volere un figlio a tutti i costi mentre ingurgita smarties al cioccolato come pillole anti-depressive. La situazione esattamente contraria è incarnata da Martina, ragazza madre e disperata, preoccupata di trovare il modo di sbarcare il lunario per amore del piccolo Alessandro.
Come collante di situazioni tanto deprimenti, il regista ha avuto l’acume di introdurre la figura di Pamela, factotum di Eva, nonché esplosione vivente di energia. L’ironia intrinseca del suo personaggio emerge già durante il suo privatissimo show casalingo, che la vede interprete del brano Brava di Mina, cantato a squarciagola con tale espressività briosa da accattivarsi immediatamente il beneplacito del pubblico divertito. Con la sua pettinatura a schiaffo e un decolté di cui va fiera, non perde occasione di origliare i discorsi delle amiche, riunite in un salottino grazioso e così intimo da favorire anche le confidenze più segrete. E’ uno spasso sentirla parlare al telefono con la sua voce impostata da vamp che recita una parte che non le è propria o vederla ancheggiare, mentre dal suo cellulare salgono le note di Mamma son tanto felice. Patrizia esorcizza il non-senso esistenziale delle ragazze con un atteggiamento leggero e canzonatorio che forse, più di Marco, rappresenta l’antidoto perfetto alla confusione generale che regna nella casa. L’uomo, in realtà, è troppo fragile e vulnerabile per imporre la propria posizione e ribaltare gli eventi. Si potrebbe azzardare che il suo ruolo sia subordinato essenzialmente allo sviluppo dell’intreccio e alla rappresentazione di situazioni-tipo di carattere relazionale.
La casa di Martina, che organizza la cena finale di gruppo, rappresenta il luogo-confessionale in cui ognuno riconosce i propri errori e cerca di porvi rimedio. Ma si potrà davvero trovare una soluzione definitiva a questo infinito caos?
Uno per tre segna l’esordio del regista Michele di Francesco che mette in scena, con grande realismo e fedeltà, l’atavico conflitto uomo/donna, sdrammatizzandolo attraverso l’uso di un umorismo liberatorio.
UNO PER TRE
Regista e autore Michele di Francesco
con Angelica Franci, Francesca Paola Pastanella, Teresa Luchena, Simone Baldassari, Manuela Bello
Assistente alla regia Teresa Luchena
Trucco e acconciature Paolo Croce
Dal 21 al 23 ottobre 2011 – Teatro Piccolo Re di Roma