UOCHI TOKI: distopie linguistiche dell'abituale

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ULTIMO ALBUM DI UOCHI TOKI 

Gruppo: UOCHI TOKI

Componenti:

Matteo “Napo” Palma – voce  e testi

Riccardo “Rico” Gamondi – basi

Etichetta: La Tempesta Dischi

Anno di pubblicazione: 2012

Info:

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Ascolta:

Al azif

La recensione di questo disco

Tigre contro tigre

La lingua degli antichi

Individuare percorsi tematici, obiettivi polemici, messaggi esoterici. Forse un tempo era possibile nell’ascolto degli Uochi Toki. Con la ferma convinzione che in ogni caso Napo e Rico avrebbero percorso funambolicamente il terzo escluso nelle dispute logiche, morali e ormonali. “Bene o male? – Medio”; “Lupo o agnello? – Il ruscello che li divide”. Un terzo escluso solo apparentemente: perché escluderlo significa additarlo e mantenerlo bene in vista, nascosto sotto gli occhi di tutti. Con l’ultimo disco Idioti quelle linee guida si contraggono in spasmi digestivi, fuse e confuse da un esubero di succhi gastrici retaggio delle arringhe emotive di alcuni dischi precedenti.

L’abituale e inosservato affaccendarsi tra cose del mondo e rapporti tra esseri umani si trasfigura nell’idiozia del proprio, del privato, della privazione. I “fanatici dell’oikos” hanno finalmente realizzato il sogno de Il claustrofilo (brillante pezzo del precedente album Libro Audio del 2009) e hanno sbarrato le porte della loro angusta tana lessicale oltrepassando la semplice proprietà di linguaggio e macchiandosi di indebita appropriazione di linguaggio. O forse non troppo indebita: la loro idea di evoluzione del linguaggio, infatti, sta nel suo essere volubile e flessibile alle esigenze significanti e sordo a quelle comunicanti.

L’espropriazione che sta nel mezzo di questo processo evolutivo si compie in due modi fondamentali che attraversano quasi tutti i brani del disco: ripetere all’infinito una parola per svuotarla del suo senso o contorcerne la sintassi per renderla una successione sillabica casuale o neosignificante; oppure recuperare una lingua dimenticata lasciando che avvezzi e seduca l’orecchio col suono alchemico dei suoi suffissi, cosicché ci si senta spaesati ad una nuova improvvisa ricomparsa della nostra attuale lingua: è questa a sembrarci straniera o quella a suonarci familiare?

La parola si fa balbettìo, segnale, circuito. La base diventa raffica, intermittenza, impulso. Che cosa dovremmo mai dire con le parole? Che cosa dovrebbero mai dire le parole? Niente. Disponendo le parole disponiamo delle (genitivo) parole. Ne facciamo uso.

Consiglio di ascoltare tutto il disco con attenzione; ma in particolare l’ultima traccia La lingua degli antichi.

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Webmaster - Redattore Cinema

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