di David Ives
traduzione Masolino D’Amico
regia Valter Malosti
con Valter Malosti, Sabrina Impacciatore
scene e disegno luci Nicolas Bovery
progetto sonoro G.U.P. Alcaro
costumi Massimo Cantini Parrini
aiuto regia Elena Serra
musiche di e trasformazioni da Richard Wagner
26 Gennaio 2017, Teatro Ambra Jovinelli, Roma
Il Teatro Ambra Jovinelli vanta una stagione teatrale di spessore, caratterizzata da nomi di rilievo del panorama teatrale, televisivo e cinematografico nazionale. Dal 26 gennaio al 5 febbraio a calcare il palco dell’Ambra Jovinelli sono stati Valter Malosti – nel duplice ruolo di attore e regista – e Sabrina Impacciatore, i primi a portare in scena, in Italia, il riadattamento teatrale di David Ives del romanzo erotico, datato 1870, del conte austriaco Leopold von Sacher-Masoch, la “Venere in pelliccia”.
Il romanzo narra dell’amore anticonvenzionale di un giovane aristocratico nei confronti di una nobildonna vedova, facoltosa e affascinante. Lui sottoscrive un vero e proprio contratto che lo legherà alla donna in qualità di suo schiavo personale, con potere di vita e di morte, purché, ispirandosi durante le sue pratiche alla “Venere allo specchio” di Tiziano, con indosso una pelliccia.
E’ proprio dal nome dello scrittore infatti, Sacher-Masoch, che nascerà il termine “sadomasochismo”.
In pochi decenni il romanzo diviene colonna portante della cultura “BDSM”, ispirando diversi esponenti della letteratura, della musica, del teatro e del cinema. Tra questi, ricordiamo immancabilmente Roman Polanski con il film del 2013, interpretato da Emmanuelle Seigner.
Lo spettacolo di Malosti, proprio come la pellicola di Polanski, si svolge durante una sola notte all’interno della sala prove di un teatro.
La messinscena ha inizio con il personaggio del regista – che prende nome e cognome dallo stesso Valter Malosti – che racconta telefonicamente alla fidanzata la sua difficoltà nel trovare la protagonista della sua pièce: “Venere in pelliccia”. Ma è proprio allora che fa il suo ingresso in teatro, quando ormai non c’è più nessuno oltre al regista, un’attrice non attesa ai provini, che, casualmente si chiama proprio come la protagonista dell’opera, Vanda. La Impacciatore si presenta nei panni di un’attrice romana sboccata e poco colta, che con fare insistente e provocatore non solo riesce a farsi provinare, ma convince persino il suo regista a farle da “spalla”. Malosti si ritrova inconsapevolmente interprete del suo stesso adattamento, facendo trapelare il profondo legame che lo unisce al testo; così profondo da divenire presto vulnerabile agli occhi della compagna di scena, la quale si svela essere poco a poco molto più di ciò che sembra: più di un’attrice, più di una protagonista, forse persino più della vera Wanda Von Dunayev.
Lo spettacolo si sviluppa dunque come un’audizione improvvisata che evolve in un gioco di ruoli continui e interscambiabili, caratterizzati da seduzione, crudeltà, spregiudicatezza e tanta finzione.
Finzione scenica, s’intende.
Dunque costantemente in cerca di verità.
Ciò fa di “Venere in pelliccia” una vera e propria opera di metateatro.
La scenografia, essenziale e sempre uguale – costituita da una scrivania con sedia, un divano di velluto rosso e un palo da pole-dance – è infatti posta sopra un grande piano inclinato, quasi a rimarcare l’intenzione di porre un palco sul palco.
Eppure, malgrado le premesse, l’idea di “teatro nel teatro” non stupisce né coinvolge particolarmente il pubblico, che sembra godere più dei brevi momenti di comicità che non della potente drammaticità del testo.
La profonda intimità dei personaggi non emerge forse come dovrebbe, a tal punto da rendere quasi inorganico l’ultimo, nonché fondamentale, scambio di ruolo: Malosti, ormai dominato dalla sua attrice, abbandona infatti non solo il suo essere regista e attore protagonista della sua pièce, ma anche il suo essere uomo, per interpretare egli stesso Wanda.
Una Wanda che ha perso la sua carica seduttiva e potente ad opera di una forza molto più grande, quella di una vera dea vendicatrice, incarnata ora dalla Impacciatore, che saluta orgogliosa il suo pubblico.
Ed il pubblico applaude calorosamente la sua beniamina.