regia Stéphane Brizé
con Judith Chemla, Jean-Pierre Darroussin, Swann Arlaud, Yolande Moreau, Olivier Perrier, Clotilde Hesme, Alain Beigel, Finnegan OldfieldVenezia 73
Basata sul romanzo d’esordio di Guy De Maupassant, la vicenda comincia nel 1819, in Normandia, per poi dipanarsi in un arco di circa di trent’anni. Protagonista è Jeanne, Judith Chemla, che, appena uscita da un collegio, passa le sue giornate fantasticando sul suo futuro. Più tardi, il fragile amore platonico per l’affascinante visconte Julien, diventa un matrimonio e trascina Jeanne in una vita infelice, molto lontana dalle aspettative dell’adolescenza.
Per il regista Stéphane Brizé il rapporto con il tempo è un’ossessione. La bellezza struggente del personaggio di Jeanne viene dalla sua incapacità di crescere imparando a difendersi dal mondo e affrancandosi dai sogni e dagli ideali dell’infanzia. Sembra, questo, un film molto diverso dal precedente, La Loi du Marché con Vincent Lindon. Eppure scorre un fil rouge molto chiaro: la fine delle illusioni, contraltare spietato del passare del tempo.
Una malinconia senza sconti attraversa anche il rapporto di Jeanne con il figlio. Se lei cerca di allontanarlo dal male, lui non può che farle scontare, poi, la privazione imposta. Come l’ingranaggio di un orologio, ognuno paga per le scelte che compie. Ma sarà andata davvero così? Va, davvero, così? Ecco dove salta il rapporto con il punto di partenza, il romanzo, e abbiamo il cinema. La vita di Jeanne si perde in una dimensione onirica, non sappiamo più cosa è reale, dove è il confine tra la vita e il ricordo. Resta nel nostro sguardo (un incubo?) la sua corsa notturna, inseguita dal marito, illuminata da una luna spettrale, da brivido.