Villa Aperta 2013: Concrete Knives + Terakaft + Master Musicians of Joujouka

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Nella magnificenza del giardino dell’Accademia di Francia di Villa Medici,  a Trinità dei Monti, dal 5 all’8 giugno è di scena la quarta edizione di Villa Aperta, che ha come obiettivo dichiarato quello di incrementare la visibilità e gli incontri tra artisti di diverse sensibilità. Un festival dedicato alla creazione musicale di ogni genere ed estetica, che apre alle tendenze più attuali del rock, del pop e dell’elettronica. La seconda serata è dedicata alla Musica dal Mondo e vede salire sul palco i francesi Concrete Knives, i maliani Terakaft e i pionieri della Sufi Trance marocchina: i Masters Musicians of Joujouka.

Line up: Concrete Knives, Terakaft, Master Musicians of Joujouka

Dove: Villa Medici

Quando: 6 Giugno 2013

Info: programma Villa Aperta 2013

Ascolta:

Happy Mondays dei Concrete Knives

Rushes dei Terakaft

Inaugurano la seconda serata i francesi Concrete Knives presentando Be your own king, il disco uscito per Bella Union. Un bell’inizio percussivo sui cori rock di Wild gun man. Doppia chitarra, batteria, percussioni, synth, basso e voce costruiscono melodie ora calde, con i ritmi ripetuti di Africanize, ora indolenti, nella ballata pop Wallpaper, che esalta nella versione live il suo carattere tropical spacy. Con i cori in falsetto e le ritmiche pizzicate delle corde di Brand new start entrano in scena le spiagge, le sirene e i marinai che bevono allegramente mojto e cuba libre. Dal palco ci accusano di essere viziati, il pubblico in realtà li apprezza ma il fatto che si abbia trenta, quaranta anni, non aiuta a sostenere i cori in falsetto della nostalgica e strumentale Roller Boogie.

Scelgono di cavalcare l’onda nostalgica con una sussurrata Happy monday accompagnata dalla sola chitarra elettrica. La voce come di Cindy Lauper. Siouxsie delle Banshees in Truth, distorta cavalcata space rock. Chitarre in esplosione in Borholmer, traccia che apre il loro recente lavoro, per involvere poi dentro un coro più che mai disturbato e malinconico con Blessed. La nebbia dark dei Cure sullo sfondo. E click noise elettronici a chiudere. Acidi. Potenti ed evocativi. Tropicali. Tutto è possibile nel miglior pop.

Salgono sul palco i Terakaft, in prima linea per la lotta dell’autonomia Tuareg e tra i primi artisti del Mali a dotarsi di una strumentazione occidentale, abbandonando quella tradizionale. Al cantato autoctono aggiungono un passo decisamente blues senza rinunciare al divertimento delle ritmiche country. I pattern melodici salgono e scendono le scale tuareg. Ci vuole una purezza di tocco per riportare il suono degli strumenti tradizionali sulle corde elettriche. Ti vengono in mente i Doors e i Velvet Underground. Stranianti e delicati nella composizione dei loro riff che ripetono continuamente con l’unica variazione del tempo ritmo, accelerato o rallentato. Psichedelia blues. Un cortocircuito sonoro e visivo, accentuato dal contrasto tra i tradizionali copricapo e i colori sgargianti dei vestiti indossati. Quale differenza tra i deserti africani e quelli americani?

Chiudono la serata i bonghi, i flauti, il liuto e il violino, suonato a mo’ di violoncello e con l’archetto impugnato scorrettamente a penna, dei Master Musicians of Joujouka. Nove granitici vecchietti vestiti dei loro costumi tradizionali che, con la loro Sufi Trance, hanno catturato l’attenzione dell’intera Beat Generation, passando per Brian Jones dei Rolling Stones e Billy Corgan degli Smashing Pumpkins, fino a registrare un album con i Jane’s Addiction.  Estremamente radicali.

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Autore

Redazione

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