Alzare il sipario e svelare ciò che sta sul palcoscenico è come aprirsi al pubblico e raccontare se stessi attraverso il ritmo della musica. Questa è la sensazione che si percepisce assistendo agli spettacoli di Eugeni Finardi, come quello andato in scena al The Place per la coda del suo Electric Tour. Essere portati a comprendere la storia musicale e le scelte artistiche di un uomo che ha sottratto le proprie doti alla svendita dello show business e convenire che le esperienze di un artista, colonna portante della musica d’autore italiana, non siano poi così distanti ed inimmaginabili da noi “comuni mortali”.
Mentre suona le sue storie, vestito di nero e di una chitarra, non si può fare a meno di partecipare, chiamati in causa da questioni quotidiane e senza tempo. L’amore fresco di un ragazzo alle prime esperienze sessuali di Non è nel cuore diventa carnale e adulto in Un uomo e Patrizia fino a trasformarsi in paterno in Amore diverso, canzone dedicata alla figlia. Così attraverso le canzoni riscopriamo la maturazione del sentimento d’amore, che cresce attraversando le fasi nella vita.
Un altro macrotema nel quale possiamo sforzarci di categorizzare i temi delle canzoni di un artista libero come Finardi è quello della sensibilità sociale e la giustizia, caratteristiche che si leggono tra le righe dei suoi testi e che scopriamo anche in Saluteremo il signor padrone come sfogo per gli ultimi avvenimenti politici italiani.
Finardi si muove liberamente tra i ventisei album e raccolte eterogenee. Si libra scegliendo di viaggiare nella sua più che trentennale esperienza musicale tra i generi che lo hanno influenzato e tra gli artisti che lo hanno ispirato, tra il reggae, il rock dei Rolling Stones e il blues. Per raccontare infatti i magoni e i patimenti interiori dell’animo umano Finardi propone un pezzo di quest’ultimo genere, Estrellita; la dedica che fa ad Amy Winehouse, stellina del blues che si è spenta questa estate, sembra rendere ancora più tormentato il testo meticcio inglese-spagnolo del brano. Tra i venti brani regalati al pubblico non sono mancati il famoso Extraterrestre e il sincopato Musica ribelle, tutti accompagnati da una band di musicisti più che all’altezza di suonare a fianco del maestro. Il concerto si conclude con Hey Joe, una cover dell’interpretazione di Jimi Hendrix al pezzo blues di Billy Roberts.
L’attualità delle canzoni di Finardi è sconcertante. Nonostante abbia cantato brani scritti anche più di 35 anni fa, le emozioni raccontate sono ancora vive più che mai. Ed è cosi che mentre le sue dita gocciolano sulle corde della chitarra in un arpeggio acustico che accompagna La canzone dell’acqua, i giovani di oggi ritrovano nella sua musica e nei suoi testi la contraddizione dell’epoca moderna, ritrovano disorientamento ma energia, dubbi ma forza d’animo.
Finardi fa emergere la consapevolezza umile e calorosa che assistere ad un concerto debba essere un’esperienza di condivisione e partecipazione e non uno spettacolo dozzinale. Non è tanto la perfetta esecuzione dei pezzi, la sicurezza nel testo, i giochi di luce che rendono l’esperienza unica, piuttosto la sensazione ed il messaggio che il concerto stimola: la storia di un uomo raccontata attraverso il ritmo e la poesia.
Eugenio Finardi, Electric Tour
17 Novembre 2011, The Place, Roma
Giovanni Maggiore: chitarra, cori
Claudio Rossi: mandolino, ukulele, violino elettrico
Paolo Gambino: piano e tastiere
Marco Lamagna: basso elettrico
Claudio Arfinengo: batteria
Immagine: Klimt – Acqua mossa