WARRIOR
Regia Gavin O’Connor
Sceneggiatura Gavin O’Connor, Anthony Tambakis, Cliff Dorffman
Attori Nick Nolte, Tom Hardy, Joel Edgerton, Jennifer Morrison, Kevin Dunn, Frank Grillo, Kurt Angle, Jake McLaughlin
Fotografia Masanobu Takayanagi
Montaggio John Gilroy, Sean Albertson, Matt Chesse, Aaron Marshall
Musiche Mark Isham
Produzione Solaris
Paese USA 2011
Durata 139 Min
Sparta, il più grande torneo di arti marziali miste mai organizzato, e un premio di 5 milioni di dollari fanno ritrovare faccia a faccia due fratelli che non si vedono da anni, complice la vita e un padre alcolista. Tommy, ex marine, combatte per la moglie di un compagno caduto in guerra, quindi, per la nazione; Brendan, professore di liceo sommerso da debiti, combatte per il mutuo della casa, per la famiglia. Paddy Conlon, il padre di Brendan e Tommy, è un capitano Achab alla ricerca della sua balena bianca, del suo compito da portare a termine.
Quello che si consuma è il rituale antico della ribellione del figlio al padre per riuscire ad esprimere la propria personalità; Brendan e Tommy sono uniti proprio da questo istinto naturale a lottare, tra l’altro, in uno sport come le arti marziali miste dove ci sono tanti modi per vincere, anche se non sei il più forte.
Warrior affonda le sue radici cinematografiche in Rocky e rende onore a tutta quella mitologia cinematografica che ci mostra la competizione sportiva come metafora della voglia di riscatto, della ricerca di una seconda occasione, del continuo tentativo di raggiungere un successo soprattutto esistenziale. Va, però, oltre i suoi riferimenti immergendosi nell’attualità più efferata, fatta di guerra, quella in Iraq, e della crisi economica attraversata da un paese.
Gavin O’Connor gioca sui nervi e sulla tensione dei corpi di tre interpreti straordinari, Joel Edgerton, Tom Hardy e Nick Nolte, facendoli diventare principale veicolo emotivo. In Warrior, tra i film più sorprendenti di quest’anno, la parola, il ‘detto’, viene giustamente sostituita dall’azione. La scena finale, trionfo brutale di colpi, sa raccontarci meglio di qualsiasi scambio di battute il conflitto familiare e la rivalsa del legame di sangue.
C’è un confine tra combattere per la famiglia, per sé stessi o per la nazione? Non a caso, Start a war di The National è la canzone che accompagna le scene iniziali del film dove si vede Tom Hardy, Tommy, che, reduce dalla guerra in Iraq, sta per intraprenderne una ancora più dura, quella con la sua famiglia.
Il personale incarna il politico più di ogni altra cosa. È interessante notare che O’Connor, di origini irlandesi, sia cantore dei sentimenti del Grande Paese nordamericano. Gli stessi temi conflittuali riportati al nucleo familiare sono l’ossessione anche di un altro regista, James Gray, in questo caso di origini russe. L’inseguimento del mito americano dell’affermazione di sé viene raccontato in modo più concreto e diretto da chi porta con sé il peso di una tradizione millenaria.
O’Connor, che già aveva raccontato il dramma familiare con Pride & Glory, mette sul ring l’America, il paese dove lo spirito dell’individuo coincide con quello della nazione. E alla fine tutti i colpi si sciolgono in un abbraccio.