PETER DOHERTY UNPLUGGED
Dove: Atlantico Live, Roma
Quando: 9 febbraio 2012
Ultimo album: Grace/Wasteland
Anno di pubblicazione: 2009
Etichetta: EMI
Info:
Ascolta Last of the english roses
Pete, che per rispetto verso le ultime scelte dello stesso artista chiameremo Peter Doherty, sale sul palco senza farsi attendere troppo. Grandi sono le aspettative del pubblico, che in divisa indie, stivaletti e cappello, si è accalcato sotto palco rigorosamente cocktail alla mano. I fan sono il riflesso esatto dell’artista che si appresta ad entrare in scena: un connubio di pensata trasandatezza, di sciattezza stilosa che lascia dietro di sé una scia di bicchieri usati e mozziconi di sigarette.
Dicevo, grandi erano le aspettative per il pubblico italiano che aspetta dal 2009, data di pubblicazione dell’album solista, di ascoltare dal vivo i brani scritti ed interpretati da questo compositore controverso. Avendo ben chiaro, dopo l’ascolto di Grace/Wasteland, che anche da solista Peter ha scelto di intraprendere una strada già battuta da entrambe le band di cui è stato frontman, The Libertines e Babyshambles, dal vivo all’Atlantico Live si assiste ad un concerto che non delude certo il pubblico presente.
L’esibizione dei pezzi in versione unplugged ha reso più intimo l’ambiente della sala concerto sicuramente troppo dispersiva per l’interpretazione acustica di quei brani che hanno segnato la carriera musicale dell’artista inglese. Peter, cantandoli, sembra raccontare intimamente le proprie esperienze personali. Ogni brano rispecchia un frammento di quello specchio rotto che è il personaggio Doherty, segnato da esperienze e da disgrazie personali che hanno plasmato questa icona odierna della scena indie rock, un pò maledetto, un pò fannullone: un bohemien commerciale. Che l’abbia cercata lui o meno, questa fama lo precede, ma sul palco romano, riempito solamente da se stesso, dalla sua chitarra e da un paio di amplificatori, la corazza di fronzoli si sgretola in mille pezzi. Così, tolto il suo fotografico cappello, ha interpretato con il suo provinciale e strascicato accento inglese più di quindici pezzi, passando da arpeggi a schitarrate, ritmi differenti e pause soggettive che hanno reso il tutto, compreso il personaggio, più umano.
Doherty sale sul palco quasi frenetico e, ispirato al country americano, propone Arcady, ballata folk estratta dal suo ultimo album e che, per l’occasione, interpreta con l’aiuto della fisarmonica a bocca. Subito arriva Killamangiro e Beg, steal or borrow, eredità dei Babyshambles, seguiti da alcuni brani dell’ultimo album e da altri tratti dai due dischi pubblicati con The Libertines, quali, ad esempio, What Katie Did e Back from the death. A riempiere il palco spazioso sono curiosamente arrivate due ballerine in tutù e scarpe da punta che hanno accompagnato varie canzoni, tra le quali spicca Last of the english roses assecondata da una coreografia ed da un po’ di sana improvvisazione, che fa rischiare a una di loro di prendere sullo stomaco il manico della chitarra del cantante.
Questi inconvenienti sono, però, dettagli per il trentaduenne che, come un bambino, si ciondola mentre canta Can’t stand me now e sembra non finire mai per intero una frase, scappando dal microfono al termine di ogni battuta per concentrarsi sulle corde della sua amata chitarra. L’importante è invece aver potuto vedere con i nostri occhi, e non in base a recensioni perfide o giornali di gossip, a che punto è arrivato oggi, musicalmente parlando, questo artista così adulato e maleinterpretato, così sopravvalutato e screditato, ma sicuramente uno degli esponenti più influenti della musica indie degli ultimi dieci anni.
Dove? A giudicare dai live… Per adesso a Brescia il 10, a Bologna l’11 e a Roncade (Treviso) il 12 febbraio.