Un ascolto della miscela elettronica degli YAH e del loro secondo lavoro Primavera: drone, glitchstep e post-rock per mantenere l’imperfezione vitale della natura.
YOUAREHERE – Primavera (Bomba Dischi, 2013)
line up: Andrea Di Carlo, Claudio Del Proposto, Patrizio Piastra
genere: glitchstep/electro/ambient
info: sito etichetta Bomba Dischi
ascolta:
brano del primo disco As when the fall leaves trees (part.1)
Razzia di sensazioni uditive e visive per la composizione dell’EP Primavera, seconda uscita discografica degli YOUAREHERE per Bomba Dischi 2013. In realtà il primo lavoro del 2011, intitolato As When The Fall Leaves Trees (51Beats), non può essere fruito separatamente dal più recente; e questo non solo per via della vaga linea concept che attraversa i tre anni di attività della band romana – tanto che la prima e quanto mai inadeguata associazione per assonanza condurrebbe nientedimeno che ai concerti per violino di Vivaldi – ma anche perché l’orientamento sonoro delle due raccolte è rimasto pressoché immutato.
La miscela elettronica del trio YAH varia dai tappeti ambientali della migliore scuola recente della drone music, abbandonando tuttavia quell’aura di pretenziosità e gravosità che la contraddistingue nei suoi più noti e geniali interpreti quali Tim Hecker o Hammock, alle intermittenti automazioni ritmiche della glitchstep tipiche degli Autechre.
La loro proposta coi sei brani del nuovo EP, estendendo tale lettura anche alle nove tracce del precedente LP, non si inscrive però nel sottoinsieme core della glitch, riferendoci con ciò ad uno dei progetti più convulsivi, epilettici e taglienti che porta il nome del tuttofare Vaetxh, ma ad una variante più mitigata, contaminata e quasi neutralizzata di quella che avvicinerei ad alcuni tra i dischi più noti di Apparat, nonché all’avventura solista di Thom Yorke: soprattutto le scelte melodiche, i testi scarni cullati da voci sottili, non possono non richiamare pezzi come Arcadia o (la tristemente nota, ma pur sempre bella) Hearing Damage.
Va però sottolineato che la natura concept della produzione è resa alla perfezione da elementi presi in prestito da un genere non troppo distante ma distinto dall’elettronica, ovvero il post-rock delle band nordeuropee, con riferimento particolare ai God Is An Astronaut. I frequenti ed eterei crescendo preparano l’ascesa ad un universo parallelo in cui la meccanica classica non ha ragione di una natura-macchina, nel quale il carattere intuitivo dei suoi principi dipinge un movimento ancora fluido e scorrevole, molto più vicino all’esplodere delle infiorescenze marzoline che non all’era del compositing digitale della glitch-core.
Il rigore e l’esattezza del calcolo non sono di questo disco che invece non dimentica l’imperfezione originaria e l’errore che sono alla base della vita.