Il giorno 14 luglio, al Kino summer, presso il Circolo degli Artisti, è stato proiettato il documentario Zero a Zero, di Paolo Geremei, vincitore del Biografilm Festival, sez. Italia. Il film punta i riflettori sulle storie – fatte di sacrifici, sogni infranti e speranze per il futuro – di tre promesse del calcio giovanile dei primi anni novanta, nelle squadre dell’A.S. Roma Calcio.
Zero a Zero, di P. Geremei, Ita 2013, 64′
Sceneggiatura: Chiara Laudani
Fotografia: Carlo Rinaldi – Sofia Karakachoff
Montaggio: Luca Gasparini
Musiche: Riccardo Del Monaco
Suono: Gianluigi Fulvio
Zero a Zero è il complesso intreccio dei percorsi di vita di tre persone unite da una passione irrefrenabile per il calcio. L’unione di ciascuno degli episodi raccontati conduce a un piano di riflessione che può essere discusso su più livelli. Dapprima i tre atleti, Daniele Rossi, Marco Caterini e Andrea Giulii Capponi ricordano i primi approcci con il pallone, le prime convocazioni per la nazionale e le emozioni di un hobby che a poco a poco si percepisce come un lavoro a tutti gli effetti e che pone innanzi a scelte così importanti da mutare per sempre la loro vita.
Spesso tuttavia gli imprevisti e le tensioni contro cui si è costretti a lottare paiono allontanarci dal raggiungimento degli obbiettivi. E’ il caso di Rossi, che a seguito di un brutto incidente al ginocchio e di un’operazione medica malriuscita si ritrova costretto ad abbandonare i campi di calcio e a restare inerme di fronte a un bisogno fisico e psicologico di continuare a giocare ed allenarsi. Capponi racconta invece di alcuni problemi relazionali con i piani alti della società calcistica, in cui alcuni non lo vedevano di buon occhio e dove sembrava che tutto fosse già stato prestabilito per porre fine a una promettente carriera, con la conseguenza di un contraccolpo psicologico assolutamente devastante. Caterini infine ricorda di essersi ritrovato senza nessuno che potesse assisterlo nel suo percorso di crescita, perché – sostiene la madre – il mondo del calcio non aiuta nessuno, ma lascia soli con se stessi, soprattutto di fronte alle difficoltà.
Non è facile trovarsi a giocare in una squadra di successo per poi, quasi incomprensibilmente, esser costretti a retrocedere, apparire ai superiori come lo scarto di una gloriosa squadra, non poter più ambire a un percorso d’eccellenza, vivere la rabbia di chi si è accorto che non basta essere talentuosi per raggiungere il proprio sogno. Tornati a condurre una vita comune, i tre “campioni” continuano a cercare un senso alla propria esistenza concentrandosi sul ricordo delle vecchie glorie vissute, delle esperienze condivise, sapendosi accontentare di ciò che di buono e formativo la vita ha saputo offrirgli.
Il montaggio realizzato da Geremei ha fatto sì che dal dialogo intessuto dai tre personaggi potessero maturare dei contenuti forti e autentici. A ciò si aggiunge la sceneggiatura di Chiara Laudani che gioca il ruolo di supervisione del montaggio drammaturgico, contribuendo a rendere la pellicola stimolante e godibile. Zero a Zero dà una prova concreta e sincera di come nella propria vita la ricerca del sogno sia il risultato di molte scelte, che obbligano a confronti e molto spesso a cocenti delusioni. La risalita dal tracollo si cela in noi stessi, la vita, per sua stessa natura, è portatrice di molteplici esperienze, non di una soltanto. Così, è bene anche educare le prossime generazioni a godere di tutte le possibilità che la vita può avere in serbo per loro, perché sia più difficile farsi sopraffare dalle avversità e trasformando le sconfitte, o presunte tali, in occasioni di crescita, di maturazione, di riconoscimento del proprio valore.